American Crime Story 2x02, "Caccia all'uomo": la recensione

Il secondo episodio di American Crime Story: L'assassinio di Gianni Versace si concentra sulla rinascita dello stilista, ripresosi dalla malattia e all'apice della gioia a pochi giorni dalla propria morte

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"Sono Andrew Cunanan." La frase conclusiva di Caccia all'uomo, secondo episodio di American Crime Story: L'assassinio di Gianni Versace riassume, nella sua banalità, l'unica creazione che il ventisettenne serial killer abbia mai potuto rivendicare: un sé tanto cangiante quanto pericoloso. Una creazione elaborata, su questo non c'è dubbio, che rende la sua breve vita una mastodontica performance invisibile a un occhio superficiale.

Tutt'altro che superficiale è, però, lo sguardo di Ronnie (Max Greenfield), giovane tossicodipendente la cui strada finisce per incrociarsi con quella di Cunanan nell'ammuffita pensione sull'oceano che dà riparo al criminale, pronto a mettere in scena il proprio cruento capolavoro. A Ronnie, Andrew si presenta col proprio nome - cosa non scontata, sintomo di un'istantanea fiducia e prodromo di un'amicizia stralunata ma sincera. Dividono tutto: i soldi ricavati dalla prostituzione di Andrew, la droga che Ronnie si procura, il mesto squallore di una vita di solitudine apparentemente priva di meta.

Mentre Cunanan è intento a portare avanti la propria tragica menzogna con il sempre più affezionato Ronnie, lasciandosi dietro una scia di sangue che solca gli Stati Uniti, Gianni Versace (Edgar Ramirez) è nel pieno della propria fecondità creativa: se il giovane serial killer dipinge se stesso sulla base di favole che (si) racconta e della distruzione che semina, lo stilista ne incarna appieno l'antitesi, rispondendo con dionisiaco entusiasmo alle perplessità della sorella Donatella (Penelope Cruz) in merito alla presunta ripetitività delle sue collezioni.

Il prologo dell'episodio ci mostra un Gianni devastato dalla malattia (lo status di sieropositività di Versace, lo ricordiamo, è fino a oggi stato negato con decisione dalla famiglia), rassegnato a una morte giovane che, tuttavia, lo colpirà a sorpresa sulla soglia di casa, lontano dal freddo asettico di un letto d'ospedale. Il progresso della medicina allontana dallo stilista lo spettro di una prematura dipartita, restituendogli speranza, energia e ispirazione: un tesoro prezioso, brutalmente disperso dai colpi di pistola di Cunanan.

La sfilata del '97 che American Crime Story ci mostra in Caccia all'uomo diviene così autoritratto di Versace in un momento della sua esistenza in cui si sente più forte che mai: da due anni sotto terapia antiretrovirale, ha sconfitto la morte e, contrariamente a quanto successo a Ronnie - anch'egli sieropositivo, ma incapace di gestire la vita che gli è stata donata indietro - (ri)assapora il piacere a grandi sorsate. L'oro e l'argento della sua collezione non sono più solo rappresentazione di un lusso inseguito e conseguito, ma specchio di una ricchezza interiore ormai estremamente consapevole.

A nutrire il banchetto sentimentale di Gianni contribuisce, in primis, Antonio D'Amico (Ricky Martin) che, a dispetto di qualche peccato di promiscuità, sembra incarnare il cristianissimo concetto di "in salute come in malattia", alla base di quel matrimonio che propone al fidanzato ricusando ogni residua tentazione di ménage à trois. "Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria," così recita la Commedia dantesca, e il tempo felice di Gianni e Antonio - nella drammatizzazione targata FX - ha un aroma di normalità autentica che non stucca né annoia, acuendo la pena per l'imminente decesso del designer.

Gianni fa sfilare una fulgida sposa, prefigurazione del coronamento mai avvenuto del suo amore con Antonio, mentre il solitario, ossessivo Cunanan vende se stesso - o, per meglio dire, una delle sue innumerevoli maschere - a un facoltoso cliente che sottomette in un gioco erotico che quasi sfocia in omicidio. Riscosso il pagamento, il giovane rischia la denuncia da parte dell'uomo, ma un'esitazione di troppo fa sì che, ancora una volta, Andrew resti a piede libero.

C'è uno sguardo amaramente beffardo che percepiamo dietro la catena di piccole, sfortunate coincidenze che portano Cunanan a poter compiere il quinto e più celebre assassinio della sua carriera; coincidenze non del tutto fortuite, che recano il marchio indelebile della negligenza dimostrata dalla polizia di Miami nella diffusione capillare dell'identikit del ricercato; un fallimento epocale, di cui il primo episodio di American Crime Story ci ha mostrato la conseguenza più devastante: lo spegnimento di un sole che ha lasciato i propri pianeti (Donatella e Antonio in primis) senza riferimenti e pronti alla collisione.

Alla disperata sorella non resta, prima che il fuoco tramuti in cenere il corpo di Gianni, che occuparsi di vestire colui che, fino a quel momento, aveva sempre vestito gli altri; un passaggio di testimone macabro e tenero al tempo stesso, che dipinge con sensibilità lo spaesamento di una donna costretta a passare dal ruolo di musa a quello di creatore, mentre il cuore tenta di abituarsi a un'assenza che non cesserà mai davvero di farsi sentire. In lei, come come nel resto del mondo rimasto precocemente orfano dell'estro di Gianni Versace.

American Crime Story

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