American Crime Story 2x03, "A Random Killing": la recensione

Il nuovo episodio di American Crime Story riporta in primo piano il tema della menzogna e riflette sulla precarietà dei rapporti coniugali, nonché sulla rabbiosa presa di coscienza dei propri fallimenti

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FX
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Spoiler Alert
Giunta al suo terzo episodio, la seconda stagione di American Crime Story non fa che confermare la centralità della menzogna come tema portante di questo arco di puntate affidate alla penna di Tom Rob Smith: tralasciando, per questa settimana, le complesse dinamiche interne alla famiglia Versace, la serie FX fa un passo indietro, seguendo a ritroso la scia di sangue con cui Andrew Cunanan (Darren Criss) imbrattò gli Stati Uniti prima di compiere il proprio cruento capolavoro, freddando lo stilista calabrese all'ingresso della sua villa a Miami.

L'incipit della puntata ci mostra Marilyn Maglin (interpretata splendidamente da Judith Light) intenta a promuovere in un programma televisivo la propria linea di profumi; un'apparizione emblematica, cui segue un rientro a casa destinato a sfociare in tragedia di lì a poco, con la scoperta del cadavere del marito Lee (Mike Farrell), ritrovato dalla polizia col cranio sfondato da un sacco di cemento, con addosso biancheria femminile e circondato da riviste pornografiche gay.

Una tragica fatalità, tenterà fino all'ultimo di sostenere la sconvolta Marilyn, forse consapevole delle tendenze omosessuali del marito, ma determinata a proteggere il nome del compagno di una vita da qualsiasi macchia. Una menzogna tanto squallida quanto disperata, che sembra spingere lo spettatore in due direzioni divergenti: se, da un lato, si è infatti portati a deprecare l'intenzionale bugia portata avanti da Marilyn, dall'altro è impossibile restare impassibili di fronte alla sofferenza di una donna che vede sgretolarsi di fronte ai propri occhi non solo la prospettiva degli ultimi anni di vita accanto all'uomo che ama, ma anche distruggersi anni e anni di una vita insieme che, in base alle sordide circostanze della sua morte, rischia di ridurre il loro matrimonio a una facciata poco più che ridicola.

Proprio come Cunanan, anche il Maglin di A Random Killing - sebbene con modalità ben diverse - ha indossato maschere diverse con la propria moglie e col proprio stesso assassino: il dialogo che prelude al letale gioco erotico in cui l'imprenditore troverà la morte ne mette in luce la vanagloria attraverso un'autoesaltazione mistificatrice, atta solo a far colpo sul giovane Cunanan e a sedurlo al di là dell'evidente rapporto di compravendita carnale alla base del loro incontro.

Il tentativo ottiene un risultato diametralmente opposto, innescando in Andrew una riflessione sui propri fallimenti: l'irrealizzabilità dei progetti di Maglin divene specchio di quella di Cunanan che, impossibilitato a divenire creatore, si tramuta quindi in feroce distruttore di vite. Mai come in questa puntata, American Crime Story: L'assassinio di Gianni Versace si è infatti concentrato non solo sull'agghiacciante desiderio di annientare il prossimo, ma anche sulle conseguenze che l'atto omicida ha sulle persone a esso correlate.

Si va, infatti, dai parenti più stretti della vittima fino al malcapitato custode William Reese (Gregg Lawrence) proprietario di un pick-up, assassinato al solo scopo di consentire a Cunanan di abbandonare l'ormai ricercato veicolo di Miglin. In questo secondo delitto, si palesa il beffardo paradosso celato dietro il titolo dell'episodio: è infatti questo il random killing, al contrario di quanto Marilyn Miglin va proclamando tra le lacrime prima di presentare in tv la fragranza dedicata al proprio defunto sposo. È questo ignaro lavoratore, non Lee, a essere stato immolato a sangue freddo solo per poter essere derubato della propria auto, vittima sacrificale e necessaria nel caotico delirio di sangue culminato con il delitto Versace.

Il disclaimer che chiude la puntata ricorda come gli eventi narrati in American Crime Story siano frutto di una necessaria drammatizzazione e come alcuni dialoghi siano stati volutamente cambiati rispetto alla realtà dei fatti: che sia figlia di una riscrittura romanzata di quanto avvenuto o che rispecchi fedelmente il vero, il primo piano conclusivo di Judith Light nei panni di Marilyn Maglin, mentre ripete - a sé stessa più che al pubblico - il consiglio di guardare la luce rossa della messa in onda con gli occhi con cui si dovrebbe guardare l'uomo amato, è uno dei punti emotivamente e allegoricamente più alti raggiunti nei tre episodi finora trasmessi di questa seconda annata di American Crime Story, perfetta eco dello sguardo innamorato con cui Cunanan sfiora il lusso a lui perennemente precluso.

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