The Amazing Spider-Man, la recensione

Spider-Man riparte con un film più cupo fin dalle fondamenta che coinvolge e stupisce anche grazie al perfetto utilizzo del 3D...

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Spider-Man dieci anni dopo.

Reiniziare tutto daccapo non era facile, soprattutto avendo alle spalle una trilogia ben riuscita come quella diretta da Sam Raimi nel corso del decennio scorso (giusto Spider-Man 3 si era rivelato un mezzo passo falso rispetto ai due bellissimi film precedenti). Il problema era sicuramente noto alla produzione che se, da una parte, con questo reboot ha chiaramente intenzione di puntare a quel pubblico di giovanissimi che nel 2002 era troppo piccolo per godersi lo spettacolo nei cinema, dall’altra non vuole perdere “gli adulti”, ovvero tutti quelli che certi blockbuster li andranno a vedere (giustamente) anche a settant’anni. Era difficile trovare un equilibrio narrativo tra queste due esigenze, sembrare nuovi senza tradire la storia originale di Spider-Man, e si può dire che in tal senso il team di sceneggiatori abbia fatto un buon lavoro. Nella prima parte del film si avverte spesso nella sensazione di déjà-vu: la "nascita" dell'Uomo Ragno, la morte (e le "lezioni") dello zio, la creazione del costume e tanti altri passaggi sono obbligati e il paragone con il primo Spider-Man viene subito alla mente, ma si apprezza lo sforzo di non replicare in tutto e per tutto e variare sul tema senza apparire ripetitivi, tanto che anche il discorso “Da un grande potere derivano grandi responsabilità” è stato leggermente modificato e introdotto in maniera diversa quel tanto da sembrare un nuovo punto di vista da cui guardare i doveri dell’Uomo Ragno.

The Amazing Spider-Man è senza dubbio più cupo dei precedenti. E non parliamo tanto del personaggi, quanto dell’intero contesto. No, non si parla di crisi economica, nè di guerre, ma quell’insieme di paure e instabilità è racchiuso in una serie di espedienti narrativi che lo evocano senza essere espliciti. Il primo Spider-Man di Raimi era stato realizzato prima dell’Undici Settembre e questo lo si poteva avvertire nel film. E’ vero, era stato distribuito solo nel 2002, ma era stato scritto e diretto precedentemente e subì un forte ritardo nella distribuzione solo perché si vollero cancellare le riprese che coinvolgevano le Torri Gemelle: il pubblico non sarebbe stato pronto a rivederle come se nulla fosse. Lo Spider-Man di Raimi aveva sì un suo lato “cupo”, ma si risolveva all’interno di una storia comunque circolare i cui unici echi in un futuro narrativo erano il rapporto non chiarito con l’amico-nemico Harry Osborn. Non ci si agganciava, per scelta, a nessuna suggestione reale dell’allora attualità politica. Al contrario in questo nuovo film di Marc Webb la costruzione narrativa di quella che sarà una saga coinvolge direttamente il governo statunitense e l’irrisolta scomparsa dei genitori, entrando quindi nel terreno della fantapolitica e della cospirazione. Questa sovrastruttura più drammatica trova i suoi riflessi drammatici anche nel microcosmo dei personaggi che girano intorno a Peter Parker. La morte è una presenza continua che coinvolge più delle canoniche figure positive e paterne introdotte nella storia (padre e zio, come noto). Peter, qui, ha reali responsabilità nella morte dello zio, molto più di quanto accadeva in passato. E poi: se solo nel secondo Spider-Man Raimi introduceva gli abitanti di NewYork come personaggi attivi della storia, con quella splendida sequenza in metropolitana, qui la collettività si muove attivamente già nel primo episodio. La gente ha bisogno di eroi che non possono essere rimandati, e non è un caso se all’interno del film si è voluta introdurre anche una vera e propria evacuazione di Manhattan, sulla falsariga di quanto si vide dopo il crollo delle Torri Gemelle, con gente in fuga disperata da una morte ancora non chiara, ma che si avverte come prossima.

Il regista Marc Webb è bravissimo nel trovare un buon compresso tra action e commedia (dopotutto prima di Spider-Man aveva firmato il godibilissimo 500 giorni insieme), ma è chiaro che la lezione dei due Batman di Christopher Nolan abbia avuto un suo peso: anche nei cinecomic si può mostrare una violenza latente capace di fare male davvero. E in particolare una scena che coinvolge degli agenti della polizia di New York è una trovata da film horror decisamente inedita in un film “per tutti” come The Amazing Spider-Man.

A livello tecnico, poi, il film è formidabile e lo è soprattutto grazie al 3D. E’ chiaro che avere un personaggio che, per sua stessa definizione, voli tra i palazzi è una grande opportunità per chi vuole far uscire le cose dallo schermo per stupire lo spettatore e seppure a volte si abbia l’impressione che si giochi anche troppo con questo espediente, in più punti si avverte la sensazione di trovarsi in mezzo alle ragnatele dell'Uomo Ragno. Il 3D diventa in questo caso un’esperienza sensoriale che nobilita ulteriormente la confezione del film. Per quanto riguarda il cast, infine, Andrew Garfield, Emma Stone, Martin Sheen, Rhys Ifans e Sally Field sono i visi giusti al posto giusto.

Forse, se c’è un piccolo appunto da fare, è sempre in termini di paragone con lo Spider-Man di Sam Raimi. Alla fine di quel film si aveva la sensazione di sentirsi all’inizio di una storia che aveva ancora tanto da dire sia da un punto di vista romantico, grazie all’ambiguo triangolo Peter Parker- Mary Jane- Harry Osborn, che da quello del thrilling (con la graduale trasformazione in cattivo di Harry). Qui rimangono in sospeso alcune questioni che sarà interessante indagare nei prossimi episodi, ma si tratta di una curiosità meno intensa, anche se vale comunque la pena sapere come andrà a finire. Abbiamo un nuovo Spider-Man e remake, reboot o sequel che sia, è sempre un piacere vederlo all’opera...

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