Ama Gloria, la recensione

Storia dell'intenso rapporto tra una tata e una bambina, Ama Gloria non propone che piccoli quadretti ad alto tasso emotivo

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La nostra recensione di Ama Gloria, film d'apertura della sezione Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2023

Basta un curato approccio naturalista a rendere interessante un film? Basta mettere la macchina da presa ad altezza bambino, a proporne continuamente primi piani, per raccontare una storia? Ama Gloria, esordio alla regia in solitaria di Marie Amachoukeli dà una netta risposta negativa a questi quesiti.

La Gloria del titolo è l'amata tata di Cleo, bambina di sei anni rimasta orfana della madre. Le due passano tanto tempo insieme e sono molto affezionate, ma il loro bel rapporto si interrompe quando la donna, a causa dell'improvvisa morte della madre, è costretta a fare ritorno nel suo Paese d'origine, Capo Verde. La piccola si fa prendere dalla nostalgia e così il padre acconsente a mandarla da Gloria per tutta l'estate. Lì, Cleo si confronterà con i parenti della balia e con un ambiente del tutto nuovo.

A partire da queste semplici coordinate, il film non sviluppa uno svolgimento ma si limita a illustrare un solido rapporto tra due persone che persiste pur tra mille difficoltà. Un approccio ben chiaro fin dalla prima scena, che non conoscerà sussulti o deviazioni. Il risultato è l'unione di brevi quadretti spesso ripetitivi, che non fanno altro che consolidare l'atmosfera predominante di tenerezza, finendo per perdere di consistenza e girare a vuoto. La vacuità dell'operazione è poi confermata dal ricorso a intermezzi girati con animazione tradizionale che nella sostanza non aggiungono niente. L'effetto sembra essere prima quello di un filmino di famiglia e poi, quando si arriva in Africa, quello di un documentario etnografico e paesaggistico.

Da applausi è sicuramente l'interpretazione della piccola attrice protagonista, Louise Mauroy-Panzani. Tutto il film poggia sulle sue spalle, o meglio sul suo viso riccioluto, e a lei va dato il merito di essere del tutto convince nella parte. Cleo è una bambina intelligente e intraprendente, con pensieri e desideri chiari, ma la sua caratterizzazione è così netta da farla sembrare più una proiezione idealizzata di un genitore. La regista si concentra su di lei concedendo poco spazio a tutti gli altri personaggi di contorno: il padre di Cleo, i parenti di Gloria, i ragazzi di Capo Verde. Anche la stessa tata risulta una figura monodimensionale, guidata semplicemente dall'amore verso la bambina.

Non va infine meglio per i toni complessivi. Se Ama Gloria è (necessariamente) un film toccante e commovente, non è altrettanto sincero nel dosaggio delle emozioni. La regista punta molto su scene forti, tra il tenero, il malinconico e il dolente. Addirittura, attraverso una scorciatoia narrativa, lega il passato di Gloria e Cleo, rafforzandone il legame. Un passaggio che non risulta altro che artificioso e forzato. Solo nel finale un'improvvisa svolta fa riaccendere interesse nella storia e nei personaggi. Peccato che poi duri ben poco e l'ennesima scena intima ad altissima enfasi conduca direttamente ai titoli di coda.

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