Altri 365 giorni, la recensione
Il terzo e (speriamo) ultimo capitolo della saga polacca è una sofferenza lunga quasi due ore, tra infinite scene di sesso e una colonna sonora oltre l’invadente
Altri 365 giorni è su Netflix
Il film non ha una vera trama, né alcuna forma di progressione narrativa. Riprende da dove avevamo lasciato, con Laura e Massimo sempre innamorati ma sempre in crisi in quello che è senza ombra di dubbio il matrimonio più insensato della storia del cinema, e il fantasma di Nacho, il succitato surfista, che aleggia dietro Laura ricordandole il suo tradimento (nel frattempo Massimo partecipa a orge sadomaso ma la sua moralità e la sua fedeltà non vengono mai messe in discussione). Succede che Laura litiga con Massimo, Massimo si rifugia nella cocaina, Laura si rifugia invece a Lagos, in Portogallo, dove incontra di nuovo Nacho che prova a convincerla a mollare Massimo per mettersi con lei.
Fine, stop, non c’è nient’altro da dire. Altri 365 giorni è una sequela di scene di sesso che coinvolgono più o meno tutti i protagonisti, alternate a montaggi di Laura e la sua amica Olga che si godono la vita o di Massimo che si strugge, il tutto accompagnato dalle solite canzoni eseguite dalla coppia d’oro. Non c’è nulla che non abbiamo già visto prima, e qualsiasi tentativo di costruire un vero rapporto tra Laura e Massimo è soffocato dietro al fatto che la prima è una capricciosa egoista che sta con il secondo per i soldi e il sesso, e il secondo è un cocainomane ninfomane omicida che sta con la prima per una pura questione di principio.
Come accennato, il finale lascia spazio a ulteriori potenziali sequel, che se dovessero accadere si staccherebbero definitivamente dalla fonte letteraria (i romanzi di Blanka Lipińska sono solo tre). Ovviamente speriamo che non accada, perché altri 365 minuti con questo franchise potrebbero essere troppi.