Alpha, la recensione

Con molta color correction e poca cattiveria, Alpha è la origin story del migliore amico dell'uomo

Critico e giornalista cinematografico


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In un mondo primitivo (20.000 a.C.) ritoccato in computer grafica per avere colori più accesi, qualità pittoriche e paesaggi più grandi degli uomini, più spirituali, più epici, più evocativi, alcuni uomini di una tribù antichissima che però porta tutti nomi di lettere greche (Rho, Xi, Sigma, Alpha, Tau, Kappa...) sono a caccia di bufali vicino ad un burrone. Il piano non eccessivamente lungimirante è di spingere la mandria di bufali giù dal precipizio, decimarla e così poter affrontare un numero gestibile di bufali rimasti.
Non tutto andrà benissimo e uno dei membri della tribù, il più giovane, inesperto e timoroso, verrà travolto e buttato anch’egli nel burrone. Non si schianterà a terra perché finirà su una sporgenza del precipizio grande a sufficienza per ospitarlo. Privo di sensi. Genitori e amici lo crederanno morto e piangeranno ma invece è sopravvissuto con una caviglia slogata.

Parte qui il survival movie invernale un po’ Revenant senza gusto e con moltissime ambizioni che si spaccia per cane-movie, cioè quei film in cui il cuore di tutto è il rapporto con un animale. Sarà infatti nel suo tentativo di tornare a casa che il protagonista incontrerà un cane lupo anch’esso infortunato dal conflitto con il proprio branco con il quale stringerà un legame. La sorpresa (sedetevi) è che questa è la origin story dell’amicizia tra uomo e cane! Quest’esperienza sarà infatti quella che convincerà gli umani primitivi a fidarsi di quelle bestie.

È abbastanza evidente che siamo dalle parti dei grandi pretesti. Alpha non ha molto interesse in questo intreccio, gli serve solo per rappresentare tre elementi: uomo + cane + ambiente selvaggio e ostile. Mettendo in amicizia e conflitto questi 3 (purtroppo solo nella seconda parte) crea un mondo fasullissimo pieno di anacronismi in cui però c’è la voglia di rappresentare una versione dell’uomo dura, bestiale, di pochissime parole e a contatto con il mondo in cui vive, determinata a sopravvivere costi quel che costi.
È un intento più che lodevole che con meno ambizioni e più concretezza poteva anche portare ad un ottimo B movie. Invece in questo sottogenere abbiamo visto esempi decisamente più clamorosi, tenaci, a denti stretti e dal senso del dolore e della fatica più evidenti. Il cuore tenero uomo/animale finisce quasi subito in secondo piano, il loro rapporto non è costruito, semplicemente ad un certo punto inizia ad esistere mentre Albert Hughes è felice di esaltarsi con i suoi scenari color corretti.

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