All my Friends are Dead, la recensione

Senza testa nella scrittura ma istintivo, divertito, liberatorio e godurioso nel suo svolgimento, All my Friends are Dead sa ben cosa dire

Critico e giornalista cinematografico


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Una teen slasher comedy o forse più un teen dramedy thriller o ancora una black teen stoner comedy, All my Friends are Dead è una delle più piacevoli idiozie che siano uscite in questi mesi su Netflix. Visivamente molto curato ma scritto immaginando uno spettatore distratto e dallo stesso quoziente intellettivo dei protagonisti, uno a cui spiegare sempre tutto e proporre personaggi così carichi e netti che non possa mai avere dei dubbi sulla valutazione da dare, più il minutaggio avanza più si fa amare per come sappia unire una stimabile idiozia ad un punto di vista godereccio sul tema noto della “festa di ragazzi arrapati che finisce male”.

Tutto parte dalla fine con uno spiegone (così, subito), due poliziotti arrivano sulla scena del crimine, una casa piena di ragazzi morti e uno spiega all’altro tutto quanto, noi lo vedremo in flashback. Era capodanno e questa grande festa con tanti invitati, incroci sentimentali e molta voglia di sesso, finirà malissimo. Polacchi che sembrano americani in tutto e per tutto, che ricalcano i loro atteggiamenti e che sono scritti per somigliare ai personaggi archetipi del cinema hollywoodiano ma che poi, sempre di più, prendono strade più estreme e arrivano a conseguenze più dure di quelle cui ci abitua il cinema americano. Sostanzialmente All my Friends are Dead comincia come una brutta copia e finisce più audace dei suoi modelli.

Le tante storie di questo film corale sono tutte storie di sesso che si svolgono più che altro nelle stanze chiuse. Vengono declinate quasi tutte le maniere in cui le commedie raccontano desiderio, repressione e sfogo. La MILF con due ragazzi inesperti, i fidanzati tutti casa e chiesa che in realtà sognano sesso selvaggio, le ragazze disinibite che vogliono mangiare sessualmente il mormone casto che in fretta tradirà i propri ideali, la ragazza vogliosa di sesso a tre e anche i repressi e gli spacconi. Quando ci scappa il primo morto tutto inizia a precipitare e il film a migliorare. Perché la trama ordinata e scritta con nessuna idea comincia a diventare un vero caos, montato alla grande, in cui morte e piacere, droga e risate si confondono.

Urla, coiti, spari e poi, violenza, sangue come in un fumetto, una sequenza di musica ed elettrocuzioni così lunga da essere divertente e l’idea sempre strisciante che nessuno abbia un rapporto sano con il sesso, cioè consapevole e soddisfacente a prescindere dalle propria inclinazioni. Il sesso (represso, cercato, abusato ma anche solo immaginato) è quello che porta lentamente al disastro in All my Friends are Dead e un finale “in un’altra dimensione” si dimostra forse la trovata più intelligente per rimarcare che anche in un mondo migliore forse le cose non andrebbero diversamente una volta introdotta la variabile sessuale.

All my Friends are Dead vuole ridere tanto, vuole eccitarsi e far eccitare, vuole sorprendere, fare ribrezzo, pena e far arrabbiare (con il personaggio molto grossolano del ragazzo che consegna pizze). È pietoso quando tira le fila morali del tutto con una voce fuoricampo che tratta gli spettatori come bambini, ma è da applausi quando lavora di immagini e accosta sesso, morte, desiderio e perdizione (una visione di Gesù è uno dei momenti migliori), complessi, machismo, omofobia e inibizioni. In un film in cui dall’inizio (e dal titolo) sappiamo che moriranno tutti Jan Belcl riesce a non assumere nessuna posizione moralmente giudicante, anzi si diverte fino a che c’è da divertirsi e addirittura riesce anche a porsi le domande giuste!

Sei d'accordo con la nostra recensione di All My Friends Are Dead? Scrivicelo nei commenti dopo aver visto il film!

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