Alice e Peter, la recensione
Non solo Alice e Peter appartiene all'odiosa categoria dei film sui bambini magici, ma ha anche l'arroganza di essere noioso
La trama si dà senza remore all’assurdo spinto. Alice e Peter, i due bambini protagonisti figli di una famiglia di razza mista (padre afroamericano e madre Angelina Jolie) sono praticamente i futuri Alice nel paese delle meraviglie e Peter Pan. Vivono una vita difficile per ragioni varie che spaziano dai debiti di gioco del padre al maschilismo e classismo degli anni che vivono, che li spinge sempre di più verso il mondo cui apparterranno. Quanto peggio noi lo capiamo tramite visioni, aggiunte magiche e idee che paiono realtà aumentata ma sono solo la rappresentazione più scontata dell’immaginazione innocente.
Con grande coerenza il film poi vanta in una messa in scena in costume tra le più false ed artificiose che si ricordino, una che attribuisce ad un’epoca passata, questioni, problemi e istanze che in realtà appartengono alla modernità, ma che anche arreda una casa come se fosse la capanna nel bosco dei sette nani. Alla fine Alice e Peter riesce ad essere solo un Terry Gilliam alle elementari, un film che ha l’intenzione di intrattenere un rapporto strano e quasi morboso con la fantasia e le favole marce ma è molto più interessato ai bei costumi, alla presentabilità e a tutto quello che di convenzionale il cinema fa (dai momenti intensi per l’attrice famosa, agli sguardi biechi dei cattivi di turno). Voler essere originali con tutta la banalità possibile.
Una noia figlia del più totale disinteresse per le paturnie di insopportabili personaggi arriva ben presto e senza pietà, per non andarsene più.