L'Altra Grace: la recensione
Colpevole o innocente, abile manipolatrice o inconsapevole vittima? Alla ricerca delle risposte nella bella miniserie di Netflix Alias Grace
Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.
Tratto dall'omonimo romanzo di Margaret Atwood, che tanta fortuna ha avuto quest'anno nella trasposizione di The Handmaid's Tale, Alias Grace prende spunto da una vicenda reale. Nell'Ottocento, la povera migrante Grace Marks (Sarah Gadon) giunge in America, e qui sperimenta una vita di soprusi, quasi sempre a connotazione maschile. Le tristi vicende culminano in un'accusa di doppio omicidio. Qui i fatti si confondono, le versioni si accavallano, le parole tradiscono. Spetta al dottor Simon Jordan (Edward Holcroft) tentare di fare luce sull'accaduto, ricostruendo i fatti tramite il racconto dell'interessata. Quindi capire se la giovane è innocente o colpevole, se è vittima di se stessa o se è un'abile manipolatrice.
Qui la scrittura di Sarah Polley (Stories We Tell) si dispone favorevolmente ad accogliere lo sguardo femminile della poetica della Atwood, che già era stato centrale in The Handmaid's Tale. In quel caso lo strumento era la distopia, qui l'ambientazione da period drama, ma in modo uguale il calvario di Offred e l'esistenza di Grace assumono a più riprese un valore simbolico. Grace – misurata e calibratissima l'interpretazione di Sarah Gadon – in questo senso appare come una nuova Tess dei d'Uberville. Ancora una volta una giovane creatura plasmata e mortificata, repressa da un ambiente dominato da uomini che sembrano l'uno l'incarnazione dell'altro, destinata al gesto violento come unica possibilità di riscatto. Di fronte ad una simile prospettiva, l'unica soluzione è la fuga, di qualunque genere concepibile. Una fuga della mente, forse consapevole o forse no, ma necessaria.
Alias Grace sfrutta bene i giusti sei episodi a disposizione, e ogni calo di ritmo viene ripreso da una storia che giustifica ogni ampia digressione, come una “nuova foglia” necessaria per capire l'intero disegno. Gli stessi dialoghi o monologhi, che oscillano tra ricercatezza e verbosità, restituiscono un'eleganza di fondo brutalmente violata dai momenti più sgradevoli. Senza dubbio una miniserie di alto valore, misurata e rigorosa.