Alcatraz 1x09 "The Ames Brothers"; 1x10 "Sonny Burnett": il commento

Il miglior episodio della stagione di Alcatraz unisce perfettamente tensione e storyline, ma non è seguito da una puntata all'altezza della precedente...

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Da qualche parte, in un universo parallelo, Alcatraz è una serie fantastica, capace di ridefinire i canoni del genere procedurale, di amalgamare perfettamente la dimensione del passato e del presente, di tenere inchiodati allo schermo grazie alla sintesi di ottime caratterizzazioni e scene di tensione ben gestite fino al raggiungimento di un risultato decisamente superiore alla semplice somma delle sue parti. Per i primi quaranta minuti del doppio appuntamento andato in onda questa settimana, quell'universo e il nostro sembrano essersi incontrati, catapultando nel 2012 due tra i più improbabili messaggeri, i terribili fratelli Ames, protagonisti di quello che si rivela di gran lunga l'episodio di Alcatraz migliore visto finora.

Le motivazioni che pongono la puntata nettamente al di sopra della media stagionale sono semplici da rintracciare, e purtroppo sono anche le stesse che dimostrano come difficilmente un simile livello qualitativo diventerà, almeno per il momento, la regola anzichè l'eccezione. I fratelli Ames, come praticamente ogni personaggio ricomparso nel presente, hanno un proprio compito da svolgere, un compito che li porterà ancora una volta a ritornare tra quelle mura che per molto tempo li hanno visti come prigionieri ma che oggi li accolgono come predatori. Alla ricerca di un fantomatico tesoro all'interno della prigione i due si scontreranno inevitabilmente con la squadra mentre, negli anni '60, viene mostrato il precedente tentativo della coppia di mettere le mani sulla fortuna.

Completamente ambientato tra le mura di The Rock, senza un attimo di tregua, senza praticamente soluzione di continuità nella narrazione della vicenda del presente, ponendo per la prima volta esplicitamente i protagonisti come prede invece che come semplici investigatori, l'episodio ritorna anche decisamente sullo sviluppo della trama orizzontale. Getta infatti nuova luce sul mistero di ciò che si troverebbe dietro la porta misteriosa nei sotterranei, qualcosa di evidentemente molto più prezioso dell'oro (che comunque il direttore non disdegna), oltre a portare avanti il racconto di come Ray Archer riuscì ad avvicinarsi al direttore per proteggere il proprio fratello Tommy Madsen.

Si ritorna poi nei ranghi, con un episodio non insufficiente di certo ma comunque inferiore al precedente, nel racconto di Sonny Burnett, rapitore tornato per vendicarsi della donna che lo tradì 50 anni prima. La struttura della puntata torna ancora una volta sui binari prestabiliti e visti più volte, risolvendosi come al solito nel processo investigativo, stavolta orientato ad impedire un micidiale percorso di vendetta. Theo Rossi intanto si rivela come forse il miglior interprete di un detenuto visto finora, oltre ad essere protagonista di una delle scene più violente viste finora (uno dei pregi non sempre abbastanza ricordati è come la serie non si risparmi nei momenti cruenti pur senza esagerare).

Lo stesso non si può dire di Sarah Jones, ancora poco incisiva sia considerando le capacità dell'attrice sia alla luce dello sviluppo del personaggio di Rebecca e, giunti alla decima puntata, sembra che difficilmente questo elemento vedrà dei grossi miglioramenti almeno da qui al finale di stagione. Intanto in scena, mentre si prefigura sempre di più lo scontro tra direttore e vicedirettore, va ancora avanti ancora la trama orizzontale, con la rivelazione dell'utilizzo di dosi massicce di un nuovo elemento aggiunto ai famosi prelievi di sangue effettuati sui detenuti. L'impressione è che si stiano mettendo sul tavolo tutti gli elementi per tirar fuori un degno finale di stagione...

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