Alcatraz 1x05 "Guy Hastings": il commento

Flashback ottimo ma indagini prive di tensione: questa la quinta puntata di Alcatraz, che presenta una novità rispetto al passato...

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Esiste un blackout di cinquant'anni tra le vicende della Alcatraz degli anni '60 e quelle delle indagini dei giorni nostri, un abisso lungo mezzo secolo che finisce per inghiottire e celare qualunque distinzione tra buoni o cattivi, tra guardie e carcerati, tra coloro che hanno scelto di stare, o si sono ritrovati, da un lato o dall'altro della barricata. Purtroppo per lo show questa insanabile distanza finisce per mostrarsi e differenziare molto, sotto il profilo qualitativo, anche i due piani temporali sui quali si sviluppa parallelamente il telefilm.

Paradossalmente se da un lato il flashback di Guy Hastings è uno dei migliori visti finora, forte di una caratterizzazione del personaggio degna di questo nome e di alcuni momenti crudi e di vera tensione, le vidende nella San Francisco di oggi non vanno altrettanto bene, e finiscono per mostrare l'indagine più spenta e soporifera di queste prime cinque puntate. Ancora una volta, oltre ai dialoghi poco convincenti e ad un senso si affiatamento che continua a non emergere nel gruppo messo insieme, sono le prove individuali a non funzionare, soprattutto quella di Sarah Jones.

L'episodio in sè getta sul tavolo alcune interessanti novità, prima fra tutte l'inserimento di una ex guardia come obiettivo della puntata in sostituzione del consueto carcerato. La scelta funziona per vari motivi: riesce a sorprendere in prima battuta lo spettatore, si avvale per la prima volta di un personaggio con una personalità più a 360° invece del solito serial killer con trauma infantile, e decide di incrociare per la prima volta la storia settimanale con l'evoluzione della trama orizzontale. Malgrado le aspettative per la serie siano sempre state di un certo tipo (si parla comunque di un procedurale), fa tuttavia sorridere scoprire, alla quinta puntata, come Rebecca abbia accettato passivamente le non-spiegazioni sul suo lavoro, e soprattutto su suo nonno, per così tanto tempo, senza incalzare Hauser per saperne di più.

Vari nodi si sbroglieranno comunque alla fine della puntata, che vede Hastings rapire Ray Archer, vecchio amico considerato come uno zio da Rebecca, oltrechè ex guardia ad Alcatraz, per poter rintracciare e uccidere Tommy Madsen, nonno dell'investigatrice. Nel frattempo, si fa per dire, nella prigione degli anni '60 lo stesso Ray cerca, per una motivazione non chiara, di stabilire un contatto con Tommy, salvo poi doverlo massacrare davanti alla sua cella per non destare sospetti. Il finale vede la rivelazione in base alla quale i due sarebbero fratelli, e dunque Ray sarebbe effettivamente il vero zio di Rebecca. Negli anni '60 l'uomo entrò nella prigione per sorvegliare e sostenere il fratello, tradendo la fiducia dello stesso Hastings, suo supervisore all'epoca. Scoperta la verità, e con il consueto deus ex machina rappresentato da Hauser, l'uomo verrà fermato senza dargli il tempo di far del male a qualcuno e portato via, non si sa se a "New Alcatraz" o da qualche altra parte.

Per alcune situazioni che si risolvono (scopriamo quindi che l'ingaggio di Rebecca non sarebbe stato casuale, ma che è stata adocchiata fin da subito come nipote di Tommy), altre domande vengono fuori: dall'evidente importanza di Madsen, ai segreti celati da Ray e che vanno ad aggiungersi ai vari irrisolti retroscena della vicenda. Per adesso guardiamo il bicchiere mezzo pieno, apprezzando i flashback e sperando in qualcosa di più avvincente per quanto riguarda le indagini nel presente. La prossima settimana segna il giro di boa, e sarà tempo di un primo bilancio sulla stagione...

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