Alcatraz 1x04, "Cal Sweeney": il commento
La quarta puntata è la più prevedibile andata in onda finora, ma Alcatraz continua ad offrire un buon intrattenimento...
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A giudicare da quello che si è visto nelle quattro puntate andate in onda finora, forse sarebbe meglio ribaltare completamente l'impostazione di Alcatraz, rendendo le parti in carcere il momento fondamentale, e trasformando in flashforward i momenti nel presente, piuttosto che il contrario. Non che le vicende ambientate negli anni '60 siano prive di difetti, ma quanto più il presente si rivela prevedibile, ripetitivo e poco credibile nelle sue storie, tanto più la fredda prigione sa offrire i momenti migliori e memorabili degli episodi. Merito probabilmente merito anche del cast, che proprio fra quelle quattro mura trova i suoi interpreti migliori con il direttore del carcere (Jonny Coyne) e il capo delle guardie E. B. Tiller (Jason Butler Harner).
C'è molta prevedibilità nello svolgimento della puntata, e vari elementi risultano fin troppo elementari, quando non banali, nella loro risoluzione. Aldilà di alcuni singoli momenti facilmente sgamabili come l'andamento della prima scena (il fatto che i due si baciassero nel caveau e che Sweeney mettesse a tacere l'ignara complice era facilmente intuibile) o altre soluzioni ad hoc (come Soto che in trenta secondi spiega alla partner come entrare in banca di nascosto) sono forse altri i momenti di meno gradevoli. Pur essendo ormai abituati e assolutamente pronti ad accettare il fatto che Soto sia un "nerd" di Alcatraz e riesca dopo due parole a capire di quale carcerato si tratti, a monte dà però un pò fastidio che questi criminali abbiano tutti, finora, un comportamento seriale che li renda immediatamente riconoscibili e che siano tutti riconducibili nelle loro azioni ad un singolo trauma, o deviazione sociale, che li caratterizza. Come già fatto notare la scorsa settimana, non sarebbe male avere dei caratteri più "umani" e con più sfaccettature. Ecco dunque che il flashback può avere un senso, dato che nel presente le azioni, e le motivazioni, dei fuggitivi sono legate a doppio filo con il mistero che racchiude tutto, solo il passato dei detenuti, nel quale non dovrebbero esserci letture di facciata e letture nascoste, può meglio raccontare chi si ha di fronte. Tutto questo castello, assolutamente promettente e sfruttabile a pieno, crolla però se le stesse dinamiche del passato rivelatorio si limitano ad un singolo evento traumatico che caratterizza il personaggio e ci offre quell'unica chiave di lettura, come nel finale di questa puntata.
Nonostante forse la peggiore delle puntate viste finora e i momenti negativi che stavolta superano quelli piacevoli, il discorso delle aspettative rimane sempre lo stesso: per chi volesse trascorrere quaranta minuti di intrattenimento, con un buon procedurale forse non originalissimo ma che ha anche la forza di mandare avanti una discreta trama orizzontale, Alcatraz può rivelarsi un buon compagno di svago...