Albert & Otto, come Limbo, un po’ peggio di Limbo - Recensione

Un coniglio, una mandria di pecore, una sorella da salvare: la recensione di Albert & Otto The Adventure Begins

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Albert & Otto soffre di un gigantesco problema: la sua estrema, e per questo letale, somiglianza con Limbo, pluripremiato e apprezzatissimo capolavoro di Playdead. Il colpo d’occhio, in particolar modo, è quasi disorientante, tragicomico per l’utente più navigato con la tendenza al giudizio facile, e getta le (pessime) premesse per un gioco che, tutto sommato, ha comunque qualcosa da dire.

Il progetto, tanto per cominciare, va contestualizzato, ricondotto alle sue lontane e sconosciute origini. La sua release originaria, su PC, risale al 2015, pubblicazione che, nel sottotitolo qui omesso, The Adventure Begins, rimanda e rilancia ad un’inevitabile sequel, tutt’ora atteso. Il finale, non a caso, anche in questa veste destinata a PlayStation 4 e Xbox One, enigmatico e criptico, lascia le cose in stallo, in un impasse tutto da risolvere.

[caption id="attachment_181196" align="aligncenter" width="1000"]Albert & Otto screenshot Le maschere anti-gas indossate da alcuni personaggi sono uno dei tanti elementi che permettono all’utente di collocare l’avventura nel contesto della Seconda Guerra Mondiale.[/caption]

Una trama fondamentalmente oscura e appena accennata, del resto, è una delle tante caratteristiche che Albert & Otto condivide con Limbo. Alcuni collezionabili e la narrazione ambientale, per quanto limitata, contestualizzano l’avventura nel corso della Seconda Guerra Mondiale, momento storico durante il quale il giovane protagonista è chiamato a ritrovare la sorella, perduta e soggiogata dalla stessa oscurità che, probabilmente, alberga nella sua anima in seguito agli orrori esperiti e vissuti sulla propria pelle a causa del conflitto. La tematica di fondo è tutt’altro che leggera e, esattamente come in Limbo, sposta l’azione in un contesto metaforico e allegorico, in un mondo che fonde insidie naturali con trappole e costrutti artificiali, spesso sfocianti nella fantascienza pura.

Non c’è il bianco e il nero del platform di Playdead, ma c’è una ricca scala di grigi a comporre ogni elemento dello scenario, spesso in diretto rapporto con lo sfondo, strato da tenere in considerazione nella risoluzione di alcuni enigmi e nel superamento delle fasi più strettamente platform."La tematica di fondo è tutt’altro che leggera e, esattamente come in Limbo, sposta l’azione in un contesto metaforico e allegorico, in un mondo che fonde insidie naturali con trappole e costrutti artificiali, spesso sfocianti nella fantascienza pura"

Anche il gameplay, del resto, recupera, rilegge e ripropone una struttura del tutto simile a quella che fu di Limbo. Albert è armato di un fucile, con cui sbarazzarsi di alcuni nemici che incontrerà lungo il percorso, ma sarà il peluche Otto a renderlo qualcosa di più di un semplice ragazzo che può correre e saltare. A seconda del potere selezionato, difatti, l’inanimato compagno potrà donargli un doppio balzo, la capacità di spostare oggetti dalla distanza e così via.

Tramite queste portentose abilità, il nostro dovrà superare numerosi ostacoli e persino un paio di boss di fine livello. Come nella fonte d’ispirazione, tiranneggia il trial & error, pratica fondamentalmente imprescindibile per superare la maggior parte delle trappole, pronte a scattare nel momento più opportuno, senza alcun preavviso.

Se per la maggior parte di esse, basta una certa dimestichezza con i comandi per sopravvivere, per altre dovrete usare il cervello, pronti persino ad abbandonare Otto sul posto, magari per attivare un determinato meccanismo, consapevoli che, senza di lui, Albert tornerà ad essere un ragazzo assolutamente normale.

Sono queste le fasi in cui il gioco mostra un pizzico di personalità propria, puzzle in cui la separazione e il ricongiungimento con il partner dà vita a sezioni riuscite, originali, davvero appassionanti.

Si tratta, in ogni caso, di momenti brevissimi. L’intera avventura, del resto, si completa nel giro di tre ore al massimo, un quantitativo di tempo sicuramente proporzionato al prezzo a cui è venduto il gioco sugli store digitali, ma comunque contenuto, anche pensandolo semplicemente come un primo segmento di un’epopea più ampia e articolata.

[caption id="attachment_181195" align="aligncenter" width="1000"]Albert & Otto screenshot Il fucile di cui è munito Albert è ottimo per disfarsi dei nemici che incontrerà sul percorso, ma richiede lunghi periodi di ricarica.[/caption]

Albert & Otto non è un pessimo gioco. Ha semplicemente accumulato un ritardo di otto anni, cinque considerando la release originaria, rispetto a Limbo, potente ed invadente fonte d’ispirazione per K Bros Games. Dall’art design, alla trama, passando per il gameplay, tutto sembra derivativo, emulato, già visto altrove. Ne viene fuori un collage sicuramente interessante, divertente da giocare, ma tutt’altro che all’altezza del capolavoro di Playdead. Oltre alla già criticata longevità ristretta, una certa inerzia nei movimenti, oltre che alcuni problemi all’hit box, rendono certi passaggi particolarmente frustranti e inutilmente complessi da superare.

Chi cerca un titolo simile a Limbo, insomma, avrà pane per i suoi denti, a patto di sapere che il livello qualitativo è sensibilmente più basso.

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