L’albero, la recensione: un’esplorazione cruda della gioventù italiana

Stupende Insolia e Gamba come tossiche della Gen Z in avventure tragicomiche senza genitori

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Finalmente stiamo producendo film su ventenni che non fanno venire il latte alle ginocchia e che non descrivono dei personaggi fasulli frutto di moscissime fantasie di altre generazioni (qualsiasi riferimento a Quasi a casa prodotto da Moretti non è casuale). Stiamo parlando di Diciannove di Giovanni Tortorici, visto in Concorso a Orizzonti dentro la Mostra del Cinema di Venezia, e de L'albero di Sara Petraglia, appena arrivato dentro il Concorso Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma.

Quest'ultimo è una chicca su amiche forse possibili amanti chiuse dentro giornate di noia e consumo di cocaina e altre sostanze psicotrope. Si chiamano Bianca (Tecla Insolia), figlia di papà e mamma ricchissimi di Largo Torre Argentina (zona romana a due passi da Via del Corso e Colosseo), e Angelica (Carlotta Gamba), meno abbiente perché proveniente dal paese laziale di Morlupo. Bianca ha i suoi che le mandano mensilmente un bel po' di soldini (una media di oltre 1000 euro) ma non si vedono mai. Scelta inusuale per un cinema italiano più costretto rispetto a quello anglosassone, per geografia e cultura, a schierare quasi sempre i parenti dei giovani protagonisti in quasi ogni tipo di film. Le due chiacchierano, spettegolano, viaggiano (Napoli) perché vivono insieme in un appartamentino del quartiere Pigneto. Bianca è l'intellettuale, cita spesso Leopardi, studentessa universitaria indolente, scribacchia appunti per un suo romanzo e pare avere un debole per Angelica. L'altra è più ambigua ma parimenti nullafacente. Insieme consumano parecchia “coca” e non solo, a tal punto da rischiare l'overdose nella gitarella napoletana.

Non siamo abituati a vedere un film così dalle nostre parti. Racconta una Gen Z piuttosto sfiduciata, già in depressione (gli amici sono muti e malinconici), senza slanci tranne Bianca e Angelica che almeno sono caciarone e nella loro dipendenza droghereccia vivono qualche briciolo di avventura come quando la polizia le ferma all'inizio del film. È un momento della loro esistenza ben circoscritto e da questo punto di vista il film ricorda parabole di ossessiva e morbosa convivenza amicale come il seminale Shakespeare a colazione (1987) di Bruce Robinson poi ispiratore del nostro Santa Maradona (2001) a sua volta tra le radici da cui è poi nata la trilogia Smetto quando voglio (2014-2017). La novità è il protagonismo femminile finalmente oltre la soglia della subordinata carineria di troppo cinema nostrano.

Insolia e Gamba sono divertenti, sgradevoli, a volte addirittura spregevoli, vibranti e in una parola interessanti da guardare per vedere dove queste due tossiche senza qualità andranno a parare. Non male affatto come esordio. Finalmente stiamo vedendo la Gen Z che comincia a tirare qualche colpo narrativo dentro il grande schermo mostrandosi in tutta la sua sacrosanta voglia di fare casino, perdersi e poi, forse, ritrovarsi. E che brave e coinvolgenti queste due attrici.

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