L’albero, la recensione: un’esplorazione cruda della gioventù italiana
Stupende Insolia e Gamba come tossiche della Gen Z in avventure tragicomiche senza genitori
Finalmente stiamo producendo film su ventenni che non fanno venire il latte alle ginocchia e che non descrivono dei personaggi fasulli frutto di moscissime fantasie di altre generazioni (qualsiasi riferimento a Quasi a casa prodotto da Moretti non è casuale). Stiamo parlando di Diciannove di Giovanni Tortorici, visto in Concorso a Orizzonti dentro la Mostra del Cinema di Venezia, e de L'albero di Sara Petraglia, appena arrivato dentro il Concorso Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma.
Non siamo abituati a vedere un film così dalle nostre parti. Racconta una Gen Z piuttosto sfiduciata, già in depressione (gli amici sono muti e malinconici), senza slanci tranne Bianca e Angelica che almeno sono caciarone e nella loro dipendenza droghereccia vivono qualche briciolo di avventura come quando la polizia le ferma all'inizio del film. È un momento della loro esistenza ben circoscritto e da questo punto di vista il film ricorda parabole di ossessiva e morbosa convivenza amicale come il seminale Shakespeare a colazione (1987) di Bruce Robinson poi ispiratore del nostro Santa Maradona (2001) a sua volta tra le radici da cui è poi nata la trilogia Smetto quando voglio (2014-2017). La novità è il protagonismo femminile finalmente oltre la soglia della subordinata carineria di troppo cinema nostrano.