Airboy, la recensione

Abbiamo letto e recensito per voi Airboy, un fumetto di satira e confessione di James Robinson e Greg Hinkle

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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"Cosa fa uno scrittore quando non sa cosa scrivere? Racconta la storia di uno scrittore che non sa cosa scrivere." La frase è attribuibile a uno dei compagni d'università del redattore che sta scrivendo questa recensione. E, per fortuna, sa cosa scrivere, nella fattispecie, anche se non gli riesce di ricordare quale suo compagno. La frase, sempre la stessa, risale a parecchio tempo fa ed era pronunciata con amarezza, un po' di disgusto e noia da uno studente di lettere brillante. Perché il redattore frequentava solo compagni brillanti. Se avesse letto Airboy, di James Robinson e Greg Hinkle, lo studente di allora avrebbe avuto probabilmente la stessa espressione nella voce.

Perché in questa storia lo scrittore di uno dei cicli più celebrati di Starman e di tante altre storie di parecchi personaggi DC Comics, vincitore di un Eisner Award che non ha mai più brillato davvero, britannico di quelli veri che reagiscono attaccandosi alla bottiglia ai momenti di sconforto, racconta, reo confesso, uno dei momenti più bui e foschi della sua carriera di fumettista e di essere umano. Ce lo dice nella premessa, nell'introduzione che scrive per la sua stessa opera: apice dell'alcolismo, poi superato, orlo di una separazione con la moglie, poi avvenuta.

Se Robinson ha scritto Airboy quando stava risalendo la china, riabilitando il proprio corpo e affrontando i demoni che l'hanno reso un marito pessimo, il protagonista della storia è lui al punto più basso. Se questo fumetto rappresenta la sua rottura con il passato, con le storie mainstream e con il fumetto di supereroi che sentiva trito e ritrito sotto lo scricchiolare della sua penna, il James Robinson personaggio è invece preda della crisi creativa, intrappolato dal blocco. Con lui, un disegnatore piuttosto fuori di testa, uno sballone che fa fumetti indipendenti e vive pure lui a San Francisco. Tale Greg Hinkle.

Autore e disegnatore sono protagonisti della storia. Una storia satirica, deformata e deformante, con cui Robinson voleva dire la verità su se stesso come uomo e come artista, anche se non è difficile pensare che molto di quel che vediamo sia esagerato e caricaturale. Come forma di autoterapia, Robinson fa una caricatura dell'uomo che è stato e non vuole più essere. Coinvolge Hinkle perché è chiaro che ha bisogno di una spalla, come di un collega che disegni la sua storia. E la storia è quella di due fumettisti che vivono nella città più hippie del mondo, si incontrano con la scusa di lavorare per sballarsi nei bar, per farsi di coca e bere troppo come al solito, per finire con una prostituta e poi farsi di nuovo.

Robinson, il personaggio, deve occuparsi del reboot di Airboy, grande personaggio dei fumetti che furono, eroe ed aviatore, dimenticato dall'editoria, ma non dal pubblico. Se ve lo state chiedendo, Airboy è esistito davvero. In Italia non è mai stato granché famoso, ma negli Stati Uniti era molto popolare nella Golden Age, edito dalla Hillman. Negli anni Ottanta, la Eclipse fece scadere i suoi diritti, dato che non lo leggeva più nessuno, e divenne personaggio di dominio pubblico.

Sta di fatto che il Robinson a fumetti deve raccontarne la storia, ha un blocco e quindi chiama Hinkle. Chissà mai che confrontarsi con un disegnatore faccia venire in mente qualche idea. Un'idea viene a entrambi e sappiamo qual è: sballarsi. La mattina dopo, ancora squassati dai postumi, i due hanno un'allucinazione: Airboy è con loro, in una peccaminosa stanza sconosciuta, e non è felice della loro condotta poco eroica. Allucinazione o realtà? Viaggio mentale o viaggio attraverso il multiverso? Com'è che entrambi hanno la stessa visione di un tizio in costume sgargiante che li insegue per le strade di San Francisco? Che importa. Airboy, disgustato del mondo del futuro, fatto di barbe hipster e di ben poca tempra morale, da cui rischia di farsi contagiare, li trascina in un'avventura da cui entrambi potrebbero uscire diversi e cambiati. Robinson troverà la sua redenzione? Hinkle avrà davvero il pene enorme che vediamo nelle vignette di questo volume? Per scoprirlo, dovremo leggere oltre.

Com'era quel fastidio nella voce dello studente di lettere, che credeva di saperla lunga sugli scrittori col blocco dello scrittore? James Robinson e Greg Hinkle confezionano una storia chiaramente metanarrativa e follemente autobiografica, almeno per lo sceneggiatore, in cui si mescolano scene chiaramente reali, altre probabilmente realistiche, ed altre ancora lisergiche e assurde. Due aggettivi che non sanno negare fino in fondo la loro veridicità. Airboy è volutamente provocatorio, esplicito e autocritico fino a far sanguinare il proprio autore, che si dipinge come un uomo scolorito (anche visivamente nel fumetto) e stanco, rispetto al mondo pieno di colori sgargianti e di energie che dovrebbe partorire ogni volta che scrive una nuova storia. Si parla tanto di fumetto e di scrittura di fumetti, in Airboy, di quanto i comics possano e debbano essere eccitanti, del potere che le loro storie hanno e di quanto i personaggi debbano essere fedeli al proprio tempo per essere davvero interessanti.

Lo si fa con intelligenza, con un linguaggio salace e divertente, con una volgarità che altrove avrebbe dato l'idea di essere fine a se stessa, ma che qui, in questa avventura così personale, risulta nobilitata da una sincerità piuttosto disarmante, dal coraggio di dipingersi probabilmente peggiori di quello che si è per non concedersi alibi e non lasciarsi scuse, a valle di ogni possibile autoassoluzione. E lo si fa tramite una sostanziale dichiarazione d'amore al fumetto che non può lasciarci indifferenti. Greg Hinkle è bravo, il suo stile appropriato alla storia, i colori importanti, il tratto interessante. Ma è chiaro che qui, il protagonista, è James Robinson, uno sceneggiatore che poteva essere un grande, forse, e ci confessa come mai, invece, poi no. Divertendoci. Non era facile.

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