Ahsoka 1x06, "Lontano, Lontano": la recensione
La recensione della sesta puntata di Star Wars: Ahsoka, un episodio solidissimo che costruisce e lancia concetti
La recensione del sesto episodio di Ahsoka, intitolato "Lontano, lontano", disponibile su Disney+.
Il Ritorno del Grand’Ammiraglio
Ipotizzato, temuto, atteso, rimandato e agognato, il Thrawn in live action di Lars Mikkelsen fa finalmente il suo esordio nelle fasi iniziali della serie. E se molti degli elementi che accompagnano il suo ritorno in scena sono maestosi e suggestivi, dalla comparsa dello Star Destroyer Chimaera alle truppe segnate dai molti anni di battaglia che intonano in coro il suo nome, la sua ricomparsa proietta anche qualche ombra inquietante sul futuro. Della galassia, naturalmente, ma anche di certe linee narrative. Il destino di Thrawn sembra legato a doppio filo a quello delle streghe del posto, antesignane delle fruitrici della forza di Dathomir che abbiamo imparato a conoscere in The Clone Wars. E se da un lato i sottili rimandi shakespeariani (già accennati nel titolo del secondo episodio) aggiungono ulteriore sale alla situazione (Thrawn, novello Macbeth in procinto di reclamare un impero, è assistito e consigliato da… tre streghe), dall’altro non si può fare a meno di chiedersi se fosse necessario percorrere questa strada. Aprire le porte di una nuova galassia poteva essere l’occasione per introdurre una miriade di minacce inedite o nuove, ma Filoni, eternamente innamorato di se stesso, preferisce citarsi e riportare in scena una minaccia di sua creazione. Resterà da vedere come si svilupperanno le cose, ma già si fiuta nell’aria l’odore di zombi e morti rianimati che accompagnano le Sorelle della Notte o le loro varianti.
Quanto al Thrawn in sé, possiamo tirare, almeno per ora, un sospiro di sollievo nel vedere confermati i tratti caratteriali essenziali del personaggio e restare di nuovo ipnotizzati dal tono di voce suadente e ponderato di Mikkelsen che già gli aveva dato la voce in Rebels. A voler essere puntigliosi fa inarcare un sopracciglio il vederlo con qualche chilo di troppo, come già era successo al redivivo Boba Fett, ma gli anni probabilmente passano per tutti anche in una galassia lontana lontana.
Il Secondo Ritorno: Ezra Bridger
In un parallelismo quasi perfetto, mentre Morgan Elsbeth si ricongiunge al suo Grand’Ammiraglio, per Sabine Wren arriva l’agognato momento della riunione con Bridger, che vive assieme a una razza nomade del posto e sembra avere messo su una sua piccola banda ribelle, a riprova del fatto che le vecchie abitudini sono dure a morire. Se nel caso del ritorno di Thrawn tutto è incentrato sui grandi piani e sulla fredda logica delle operazioni da compiere, nel caso di Sabine ed Ezra sono i sentimenti a farla da padrone: il ricongiungimento tra i due è accorato e commovente, e sebbene i minuti dedicati al redivivo Ezra siano pochi, la scelta di Eman Esfandi come suo interprete sembra azzeccata e la sua interpretazione del ‘meno giovane’ Bridger sembra fedele alla sua controparte animata. Ci sono ancora molte domande in attesa di risposta sul suo esilio, la sua storia e la sua situazione attuale, ma è bello vedere che questa carta sia stata giocata subito, affinché il personaggio abbia due episodi interi ancora a disposizione per esprimersi, anziché limitarsi a una comparsata finale o a un cliffhanger di fine stagione.
I Terzi Incomodi: Baylan e Hati
Se le due figure succitate rubano lo schermo e la storia per buona parte dell’episodio, le due proverbiali “schegge impazzite” riescono comunque a trovare il modo di distinguersi rispetto al resto del cast. Viene in particolare da pensare che in questo gli eventi canon abbiano alzato l’asticella rispetto a quelli corrispondenti del vecchio universo Legends. Nella sua apparizione originale, Thrawn era affiancato da un maestro Jedi instabile e imprevedibile, Joruus C’Baoth, che nella sua follia risultava al più irritante, ma mai intrigante. Di tutt’altra levatura è il personaggio di Baylan Skoll, in cui si mescolano il carisma e la ponderazione di un Dooku, la volontà di spingersi oltre il ciclo di lotte tra luce e oscurità dell’anziano Luke Skywalker e il rapporto conflittuale con un ordine Jedi amato, ma compromesso dai suoi evidenti limiti. Una figura che in circostanze diverse ci ritroveremmo a sperare di rivedere come una delle pedine più interessanti e coinvolgenti sulla scacchiera galattica e a cui invece, quasi certamente, dovremo dire addio a stagione conclusa a causa dell’improvvisa dipartita dell’interprete.
In conclusione: episodio solidissimo che costruisce e lancia concetti, trame e vicende future in grande quantità e che porta a compimento le due trame portanti della serie. Si poteva forse osare di più a livello creativo sull’aspetto alieno della “nuova galassia” e il riciclaggio delle streghe dathomiriane come minaccia congiunta a quella di Thrawn oscilla tra la pigrizia e l’autocitazionismo spinto, ma il tavolo è imbandito a dovere per un finale di stagione coi fiocchi.