Agorafobia, la recensione

Abbiamo letto e recensito per voi Agorafobia, breve fumetto scritto da Dario Moccia per i disegni di Giovanni Guida, in arte Fubi

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Se siete dei appassionati di fumetto, frequentate regolarmente il web e non sapete chi sia Dario Moccia, allora siete riusciti a sorprenderci. Lo youtuber probabilmente più famoso del mondo del fumetto, protagonista e autore della serie di video Nerd Cultura, recensore e analista di riferimento per tanti lettori, soprattutto i più giovani, ci si presenta come sceneggiatore su questo spillato targato Shockdom dal titolo Agorafobia. E lo fa in modo piuttosto particolare.

Agorafobia non è esattamente una storia. Le sue quarantaquattro pagine ospitano semmai un breve episodio della vita di un uomo senza nome, costretto in una stanzetta claustrofobica da una non meglio precisata psicosi. Un qualche trauma del suo passato lo tiene in un costante stato di preoccupazione patologica. Uscire, affrontare il mondo e se stessi, forse i propri sensi di colpa, è impossibile. Meglio, molto meglio restare a letto, crogiolarsi nella finta sicurezza delle quattro mura. Ma quando persino il pavimento del proprio appartamento appare come una landa sterminata e disorientante, quando anche i compiti più semplici diventano delle prove in grado di causare il panico, il destino è soccombere definitivamente o trovare la forza e l'orgoglio per reagire?

Non è una storia, Agorafobia, ma la fotografia di una malattia mentale e di un possibile percorso all'interno di essa. Il protagonista rimane senza nome, sconosciuto come le ragioni della sua condizione. Dario Moccia non ci rivela nulla di lui, si limita a suggerire, tramite le immagini tradotte sulla tavola dal disegnatore Giovanni Guida, in arte Fubi, i motivi della sua psicosi: flash di passato allucinati, come l'allucinazione è dominante nelle scene del suo presente, deformato nella prospettiva dal terrore di quest'uomo chiaramente vittima di se stesso.

Dialoghi claustrofobici e asciutti ci fanno intuire qualcosa, lampi non strutturati di considerazioni sparse, ricordi deformati su cui sfogare la propria frustrazione, tentativi subito abortiti di autoanalisi e razionalizzazione. L'intento è chiaramente quello di far immedesimare il lettore con il personaggio in maniera quasi totale, focalizzandone il punto di vista tramite la condivisione non solo delle immagini, ma anche della confusione di pensiero, della mancanza di lucidità, per trasformare l'esperienza di lettura in un'immersione nell'isolamento forzato e autoimposto che è il tema del volumetto.

Missione compiuta? Non esattamente. La sceneggiatura di Moccia risulta piuttosto forzata e un po' troppo visibile nelle meccaniche. Il gioco è scoperto, i fili dei burattini troppo evidenti e la lettura di Agorafobia scorre rapida e senza grandi scossoni. Non creando aspettative e non approfondendo la storia e l'identità del personaggio, infatti, manca il retroterra necessario a una svolta sorprendente. Senza creare aspettative di trama, è impossibile disattenderle e cogliere di sorpresa il lettore. La brevissima vicenda ci porta esattamente dove ci aspettiamo e non lascia tracce significative nella nostra mente.

Peccato, perché le intenzioni erano ottime, le tavole non sono affatto mal costruite e Fubi si rivela un disegnatore di una certa potenza, a suo agio con la psiche malata del protagonista e abile nell'alternare gli stili, nel cambiare pelle quando serve, accompagnando il cammino a cui assistiamo con un uso del bianco e nero intelligente.

Agorafobia in un guscio di noce? L'esperimento interessante, ma forse per ora troppo ambizioso e formalmente prevedibile, di uno sceneggiatore ancora inesperto.

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