Agora - La recensione

4° secolo. Vita della filosofa Ipazia di Alessandria, che mantiene le sue idee nonostante l'ascesa del cristianesimo. Enorme produzione europea, per un titolo allo stesso tempo eccessivo e soporifero...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

Titolo Agora
RegiaAlejandro Amenábar
Cast
Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashraf Barhom, Michael Lonsdale, Rupert Evansuscita23 aprile 2010La scheda del film  

Ci sono situazioni cinematografiche in cui è normale aspettarsi il peggio. Sono quei casi in cui un regista, dopo aver ottenuto dei successi con delle pellicole di genere, decide di dover essere riconosciuto come un autore portatore di messaggi importanti. L'esempio di Agora è perfetto. Alejandro Amenábar aveva già dato segno di voler passare di 'livello' con Mare dentro (titolo assolutamente sopravvalutato, anche se certo non privo di meriti), ma qui la presunzione prende decisamente il sopravvento.

E' difficile esattamente capire cosa abbia convinto i produttori a spendere 73 milioni di dollari (recuperati solo in parte, grazie all'ottimo risultato in Spagna) per un titolo del genere. La storia di Ipazia di Alessandria è sicuramente interessante e il conflitto Stato-religione, così come il rischio di fondamentalismi, sono sicuramente temi di grande attualità. Ma da qui a pensare che la gente avrebbe fatto la fila per entrare nei cinema ce ne passa.

Anche perché, molto semplicemente, Agora è una pellicola che non funziona. Da una parte, è viziata da eccessi incredibili. Penso, per esempio, al numero impressionante di riprese dall'alto della città, che spesso non hanno molta ragione di essere. Così, al quindicesimo dolly inutile, ti viene il dubbio di stare vedendo un film di Tornatore e non di Amenábar.

Allo stesso modo, tutte le interpretazioni (a cominciare dalla protagonista Rachel Weisz, che avevo decisamente apprezzato maggiormente altrove e che purtroppo solo a tratti mostra un lato malinconico interessante) sono ultracaricate, come se non ci dovessero essere mai mezze misure.

Purtroppo, questi eccessi vanno a braccetto con una trama quanto mai didascalica e incapace di reggere le oltre due ore di durata. Da una parte, vediamo Ipazia sempre più ossessionata dai misteri del cosmo, con tanto di prove sulla sabbia per cui a stento si trattengono gli sbadigli. Dall'altra, la contrapposizione pagani/atei contro cristiani è decisamente rozza, visto che non si fanno mai grandi sforzi di approfondimento psicologico. Almeno, va dato atto ad Amenábar di non aver puntato il dito solo contro i cristiani (che comunque risultano dei fondamentalisti fanatici), ma di aver mostrato gli errori di entrambe le parti. Ovvio che con queste premesse il finale dovesse essere talmente forte nelle intenzioni, da risultare debolissimo nella pratica.

Che lezioni trarre quindi da Agora? Beh, ovviamente la polemica sul mancato acquisto iniziale delle case di distribuzione italiane per 'colpa del Vaticano' risulta ancora più ridicola dopo aver visto il film. Più che altro, speriamo che a imparare la lezione sia Amenábar e che ci regali un bel titolo di genere come prossimo film. Senza sentire la necessità di spiegarci il senso della vita...

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