Agents of S.H.I.E.L.D. 1x22 "Beginning of the End": la recensione

Il commento al season finale di Agents of SHIELD, nel quale ritorna una nostra vecchia conoscenza

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Spoiler Alert
Il finale di stagione di Agents of S.H.I.E.L.D. ha il volto celato dagli occhiali da sole e l'aspetto trasandato di un redivivo Nick Fury, che torna in scena dopo aver finto la propria scomparsa in Captain America – The Winter Soldier per calare il sipario su una vicenda nella quale fin dal principio ha svolto il ruolo di eminenza grigia. Presenza sfuggente e battute teatrali, il personaggio di Samuel L. Jackson si impone nell'epilogo alla prima stagione nelle vesti di narratore esterno che entra di prepotenza – non sempre secondo logica – negli eventi narrati per riportare tutto al giusto equilibrio. In un season finale ad alto tasso d'azione e con pochissimo spazio lasciato alle singole individualità, il posto sotto i riflettori è presto e giustamente guadagnato. Così termina il primo anno della serie curata da Joss Whedon: con un intero parco di nuove serie pronte a collegarsi all'universo cinematografico, tiriamo le somme sulla prima incursione dei Marvel Studios sul piccolo schermo.

Dopo una prima parte di stagione gestita con un approccio quasi procedurale, che ha allontanato dallo schermo gran parte del pubblico che aveva garantito il successo sbalorditivo della première, Agents of S.H.I.E.L.D. ha indossato la veste di serie corale che le derivava in primo luogo dal suo nome, e a migliorare sensibilmente. Gli stand-alone episode dedicati alla caratterizzazione e approfondimento del singolo personaggio, delle inevitabili ombre sul suo passato e del suo rapporto con gli altri, hanno lasciato il posto ad un intreccio decisamente più stimolante, che ha raggiunto il suo apice negli eventi collegati a Captain America – The Winter Soldier. Da lì in avanti l'escalation qualitativa è stata costante e, finalmente, coerente con le alte premesse con cui lo show della ABC era partito lo scorso settembre.

L'ascesa e la caduta del personaggio di Mike Peterson, con la sua trasformazione in Deathlok, la minaccia emergente di Centipede, il subdolo piano dell'Hydra e i legami con la Cybertech hanno spinto gradualmente ma sempre più velocemente la narrazione in avanti. Una storia che non lavora per rigidi blocchi e che non si poggia solo sui nomi altisonanti buttati nei dialoghi di tanto in tanto (ancora grida vendetta il banale e superficiale crossover con Thor – The Dark World), ma che progressivamente ha costruito una propria mitologia interna, certo molto lontana dal fascino esercitato sul grande schermo dai veri supereroi (anche in questo season finale basta vedere un modellino di Hulk per sorridere), ma a suo modo piacevole e capace di intrattenere. Beginning of the end, questo il titolo della puntata, è in qualche modo la prova del nove di quanto costruito negli episodi precedenti. Appoggiandosi in parte alla non indifferente presenza di Fury, l'episodio gioca sulle azioni più che sui dialoghi, portando allo scoperto tutte le tensioni rimaste in sospeso nelle scorse puntate.

Dura davvero poco, ed è una sorpresa, il confronto tra Ward (Brett Dalton) e Skye (Chloe Bennet), ma quel che più sorprende è la mancanza di una svolta o di un ultimo scatto emotivo tra i due. Quello che bisognava dire è stato già detto, il resto verrà rimandato alla prossima stagione. Comunque i loro personaggi sono cresciuti molto nel corso dell'anno. Il resto sono pugni e calci tra l'agente traditore e Melinda May (Ming-Na Wen), e nient'altro. Nessun pentimento, nessun perdono, soprattutto nessun tentativo di costruire un nuovo strato di possibile empatia con il personaggio, culmine raggiunto con il flashback della scorsa settimana. Decisamente maggiore lo spazio lasciato a Fitz (Iain De Caestecker) e Simmons (Elizabeth Henstridge), prigionieri in fondo all'oceano in attesa della morte. Poche sorprese: Fitz confessa i suoi sentimenti all'amica riuscendo a sfuggire alla trappola infernale (ma non alla friendzone) riportando tuttavia dei danni che volutamente vengono lasciati in sospeso fino al prossimo anno, mentre Simmons ritroverà i suoi compagni nel finale. Triplett sarà una probabile presenza fissa in futuro: il suo ingresso nel gruppo è stato uno degli elementi peggiori delle ultime puntate, troppo artificioso e poco interessante.

Ultimo confronto è quello a lungo rimandato tra Coulson (Clark Gregg ha sempre dimostrato un valore aggiunto rispetto ad ogni altro interprete del cast) e Nick Fury. Chi si aspettasse qualcosa di emotivamente forte e drammatico sarà rimasto deluso. Il clima è quello ironico, sopra le righe fino a sfiorare il metanarrativo (manca quasi che Samuel si volti verso la telecamera facendo l'occhiolino con l'occhio buono) tipico dell'universo cinematografico, molto forte nei primi episodi della serie, un po' messo da parte nelle ultime puntate. La fortissima e carismatica presenza di Fury viene gestita come un'apparizione quasi estemporanea, tanto divertente quanto assurda, fatta di momenti innegabilmente esilaranti, ma che spezzano la drammaticità del momento. Ad esempio è davvero particolare la gestione del duello a quattro nel finale, così come la fine definitiva della storyline di Garrett, che non potrà non ricordare un certo momento di Avengers tra Loki e Hulk. Il tutto si conclude con le inevitabili frecce scoccate verso il prossimo anno: il compito di Coulson di ricostruire lo S.H.I.E.L.D., con buona pace di Maria Hill, la natura di Skye e di suo padre, l'ovvio ritorno di Ward, ma anche di Quinn, Raina e del Gravitonium.

Tenuto conto delle grandi aspettative con le quali era partito, dei nomi alle spalle, delle grandi potenzialità in parte inespresse, degli esordi poco esaltanti, Agents of S.H.I.E.L.D. non è stato l'evento televisivo che ci si attendeva. D'altra parte è stata anche una serie in crescita, in parte vincolata agli eventi dell'universo cinematografico, comunque sempre scorrevole e piacevole a vedersi. In fondo obiettivi non troppo diversi da quelli delle grandi produzioni cinematografiche corrispondenti.

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