Agents of S.H.I.E.L.D.: la recensione del pilot

Nel suo convincente e atteso debutto, la serie della ABC mantiente tutte le caratteristiche tipiche dei prodotti di Joss Whedon

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"Everything's changing"

L'eco della sentenza pronunciata da Tony Stark pochi mesi fa in Iron Man 3 viaggia attraverso il tempo e lo spazio e ci ritorna indietro tramite le parole dell'Agente Maria Hill. Tutto è cambiato dopo New York, dopo Avengers, ed è la verità. Ciò che a livello narrativo rappresenta, con l'apparizione di dei, mutanti e alieni, la dura ma inevitabile presa di coscienza dell'esistenza di sfide che trascendono quasi la comprensione umana, ad una seconda e più attenta lettura è il manifesto di una televisione che sta cambiando, che sempre più esce dal suo canale principale per andare a dialogare con altri mezzi. Se nell'ultimo anno House of Cards ha rivoluzionato il concetto di fruizione di un prodotto televisivo, e lo stesso Defiance ha ritenuto di doversi accompagnare ad un'esperienza videoludica, l'attesissimo, anche per questo motivo, pilot di Agents of S.H.I.E.L.D. rappresenta l'ultima espansione (non è azzardato parlare di spin-off) del sempre più vasto universo della Marvel.

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Da una costola del suo Avengers Joss Whedon plasma il solido scheletro di una creatura che fin dai suoi primi passi ci appare viva, non completamente reattiva forse, ma pronta a recepire tutte le caratteristiche fondamentali delle produzioni televisive dell'autore. Se Buffy e Firefly hanno lasciato un segno indelebile nell'immaginario televisivo lo si deve soprattutto all'attenta costruzione dei caratteri, all'amalgama perfetta tra gruppi di persone tanto diverse tra di loro, sempre imperfette ma profondamente umane. Dopo appena quaranta minuti è impossibile prevedere quale sarà la cura riservata alla caratterizzazione dei membri dell'agenzia diretta da Nick Fury, ma la direzione intrapresa sembra senza dubbio quella attesa.

E proprio dal punto di vista delle aspettative Agents of S.H.I.E.L.D. se da un lato non sorprende dall'altro certamente non delude. Whedon, anche regista e sceneggiatore del pilot, mette al servizio della scrittura le sue indubbie doti nel tratteggiare in pochi dialoghi intere personalità senza cadere nella trappola dello stereotipo. Lo fa consegnando a chi gli succederà nello sviluppo della storia un gruppo di soggetti già riconoscibile e che in più di un'occasione suscita qualche déjà-vu (l'agente Grant Ward e la sua seriosità in qualche modo sembrano ricordare il Jayne Cobb di Firefly, mentre l'agente Melinda May sembra modellata su Zoe, sempre dell'equipaggio della Serenity). Completano la squadra l'hacker Skye, che come Grant entra di fatto in un gruppo già formato (un po' come accadeva a Simon e River nel pilot di Firefly) e Fitz e Simmons, esperti di ingegneria e biochimica.

Discorso a parte per l'Agente Coulson (Clark Gregg), unico personaggio dell'universo cinematografico Marvel (quello di Cobie Smulders è più che altro un cameo) che al momento apparirà nella serie. Soprassedendo su eventuali sviluppi legati alla sua "inspiegabile" resurrezione (si tratta di un Life Model Decoy o la versione che ci viene raccontata nell'episodio è attendibile?) ciò che colpisce è la naturalezza e semplicità con la quale un personaggio, sì spesso presente, ma quasi sempre marginale, nei lungometraggi, riesca a diventare immediatamente il perno e il punto di riferimento dell'intero gruppo, andando a rivestire un ruolo non troppo diverso da quello di Nick Fury per i Vendicatori. Questo e il fatto che Gregg sia senza dubbio il migliore in un cast forse non eccezionale ma al momento ampiamente sufficiente.

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Appoggiandosi a due pilastri della scrittura whedoniana come la coralità e l'ironia, lo svolgimento del pilot ci racconta, al di là della vicenda di un disoccupato che cede ad un esperimento e aumenta a dismisura le proprie capacità fisiche fino a diventare una minaccia, di una serie che, senza troppi giri di parole, a conti fatti potrebbe svilupparsi in larga parte attraverso stand-alone episodes. Trame orizzontali e grossi misteri da risolvere, al di là del passato, non troppo accattivante al momento, di Skye, non se ne vedono. Poco male, considerando che, dato l'universo fumettistico di partenza, il materiale a cui attingere dovrebbe essere più che sufficiente. E se nelle prossime puntate, magari espandendo la storia del gruppo interessato, per scopi nefasti, ai nuovi "supereroi", dovesse crearsi qualche ampio arco narrativo (con molta probabilità sarà così), allora tanto meglio. Dal punto di vista tecnico spiccano poi, e non poteva essere altrimenti, la regia ma anche gli effetti visivi.

È probabilmente esagerato parlare di "freschezza" per un prodotto che, in fondo, non presenta caratteri eccessivamente sorprendenti o originali. Eppure, e questa è la vera vittoria, il pilot di Agents of S.H.I.E.L.D., con un'ultima sequenza azzeccata e che sembra riprendere in pieno, quasi omaggiare, il finale di un certo film, riesce a lasciarci con la voglia di vedere il proseguimento della storia, spingendoci a chiederne di più. Come Coulson, anche Whedon, dopo la "morte prematura" del suo Firefly, ha avuto dopo molti anni una nuova occasione. Tutto è cambiato, vedremo fino a che punto.

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