Agents of S.H.I.E.L.D. 3x05 "4,722 Hours": la recensione

Episodio speciale per Agents of S.H.I.E.L.D., che ci racconta la permanenza di Simmons sul pianeta misterioso

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Spoiler Alert
È davvero sorprendente che Agents of S.H.I.E.L.D. abbia imbastito un episodio come 4,722 Hours. Siamo abituati ormai a vedere puntate speciali, bottle episode e quant'altro, ma non qui, non in una serie Marvel in onda su un broadcast network, serie che peraltro non se la passa molto bene con gli ascolti. Non era un episodio strettamente necessario, o meglio non doveva necessariamente essere raccontato in questo modo. I flashback di Simmons si sarebbero potuti alternare con le vicende nel presente, e magari chiudere il tutto con la scienziata che andava da Fitz ed effettivamente, come è successo, gli raccontava tutto a telecamere spente. Invece l'approccio è stato il più creativo e diverso possibile.

Basta un minuto per inquadrare la struttura dell'episodio. In realtà basta solo il titolo e la prima scena. Fin da subito è chiaro che seguiremo Simmons per tutti i quaranta minuti nel resoconto della sua permanenza sul pianeta ostile dall'altra parte del portale. Per buona parte della puntata la scienziata è sola, mentre da un certo punto in poi un fortuito incontro le permetterà di rimanere in vita fino all'arrivo dei soccorsi. Incontra infatti l'ultimo sopravvissuto di una spedizione organizzata nel lontano 2001 dalla NASA, che aveva il monolite dei Kree all'epoca. I compagni dell'astronauta sopravvissuto, di nome Will, sono impazziti a causa di una misteriosa e malvagia entità presente sul pianeta, e solo con estremi sforzi l'uomo è riuscito a sopravvivere. Al termine del racconto tutto si trasforma quindi nella preghiera che Simmons rivolge a Fitz, da un lato anche arrabbiato quando scopre che c'è stato qualcosa tra i due dispersi, nel chiedergli di salvare l'uomo rimasto dall'altra parte.

Friendzonato a dovere per l'ennesima volta, Fitz obbedisce, ma questo sarà materiale per le prossime puntate. Intanto diciamo che 4,722 Hours riesce nel suo scopo. Non è semplice non creare un momento di noia in quaranta minuti di questo tipo, ma l'episodio funziona in ogni momento. Non c'è mai il racconto del vero dramma che questa situazione rappresenterebbe e Agents of S.H.I.E.L.D. mantiene il tono leggero che ha sempre avuto, anche grazie a Elizabeth Henstridge che con l'innato ottimismo del suo personaggio stempera la gravità di ogni momento. La stessa rappresentazione del pianeta alieno non è esattamente un monumento alla creatività: un semplice deserto rappresentato con una fotografia bluastra, nulla di più.

Ma, appunto, l'episodio comunque funziona, coinvolge, e a poco a poco risponde a tutte le domande che legittimamente ci eravamo posti su come avesse fatto Simmons a sopravvivere. Per lunghissima parte dell'episodio il fatto che lo smartphone della scienziata funzioni ancora dopo settimane sembra la parte più inverosimile del tutto, ma poi arriva la spiegazione – non elaboratissima, ma vabbè – anche per quello. Ancora è difficile capire come questa storyline si collegherà con tutto il resto, forse con l'arrivo della minacciosa entità nella nostra dimensione, ma per il resto un episodio diverso, particolare, da apprezzare.

Da apprezzare anche i vari riferimenti fantascientifici sparsi nel corso dell'episodio. Ovviamente la spedizione della NASA causata dal monolite poteva avvenire solo nel 2001, e i nomi degli astronauti Will (Lost in Space), Brubaker (Capricorn One), Taylor (Il pianeta delle scimmie) e Austin (The Six Million Dollar Man) non sono estranei a chi mastica un po' del genere.

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