Agents of S.H.I.E.L.D. 2x14 "Love in the Time of Hydra": la recensione
Un episodio di transizione per Agents of S.H.I.E.L.D., nel quale rivediamo alcune vecchie conoscenze
Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.
Tutta la storia del "real S.H.I.E.L.D." lascia un po' perplessi, e non è certo "Love in the Time of Hydra" a rispondere a tutte le nostre incertezze. Un po' perché, tra alieni e mutanti, introdurre un'altra fazione di questo tipo sembra un passo indietro, un po' perché tutto appare troppo meccanico in termini di tempi narrativi, un po' perché costringe alcuni personaggi ad aggrovigliarsi su loro stessi (se Bobbi dovesse ritornare dalla parte di Hunter saremmo al "quadruplo gioco"). Quanto alle new entry, per un onnipresente Kirk Acevedo ci ritroviamo un Edward James Olmos (Battlestar Galactica), che è sempre un piacere rivedere.
L'azione allora appartiene quasi esclusivamente al segmento nel quale rivediamo Grant Ward e l'agente 33, di nuovo in possesso delle sue facoltà camaleontiche. Sono loro due i veri protagonisti della puntata, e la scrittura di Brent Fletcher lavora in particolare nell'umanizzazione di Kara, che scopriamo essere il vero nome della "finta May", salvatrice di Ward e di lui evidentemente invaghita. È apprezzabile il lavoro che si è fatto su questo personaggio, che da villain macchietta si è cercato, e si sta cercando, di far diventare qualcuno di più tridimensionale. Si regredisce parecchio invece nelle scene con Talbot, ognuna delle quali stranamente condizionata da quella fastidiosa leggerezza a tutti i costi che si diceva sopra.
P.S. Per ulteriori approfondimenti sull'episodio, gli amici di BadComics come al solito ci raccontano il dietro le quinte qui.