Agente speciale 117 al servizio della Repubblica - Missione Cairo, la recensione

Spedito in Egitto per la Francia, l'agente speciale 117 è una parodia del cinema di agenti segreti unica e fondata sul suo protagonista

Critico e giornalista cinematografico


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Agente speciale 117 al servizio della Repubblica - Missione Cairo, la recensione

Sei anni prima dell’uscita di Licenza d’uccidere arriva al cinema il primo film con protagonista l’agente segreto francese OSS 117 intitolato O.S.S. 117 non è morto. Anche i romanzi da cui erano tratti, quelli di Jean Bruce venivano prima di quelli di Ian Fleming e nonostante gli 8 film tra il ‘57 e il ‘71 l’agente 117 non ha mai avuto il successo internazionale di 007. Ci ha pensato 35 anni dopo Michel Hazanavicius a riprendere le fila e portare al cinema un altro film sull’agente segreto francese ma con spirito diverso.
Agente speciale 117 al servizio della Repubblica - Missione Cairo è la parodia di quel cinema lì, una parodia molto specifica di quel modo in cui i francesi intendevano i film di spionaggio. Non pesca troppo da Bond e, almeno in questo primo film del 2006 che solo ora esce in Italia, lavora tantissimo sulle assurdità francesi. Il che lo rende subito unico.

La carriera successiva di Hazanavicius ha dimostrato quanto sia interessato a lavorare nei suoi film con le forme dei film del passato. Rifare un film muto per parlare del cinema muto con The Artist, raccontare Jean-Luc Godard e la sua svolta politica con un film che usa tutti gli stilemi di Godard contro di lui. Qui riprende fedelmente gli stilemi del cinema di spionaggio a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60 e cementa il suo rapporto con Jean Dujardin, nel ruolo di una versione idiota dell’agente OSS con Berenice Bejo spalla non ancora capace di tenergli testa.
Al contrario di Austin Powers (che era all’epoca un punto di riferimento in materia) qui l’agente segreto è scemo in una maniera tutta sua. Ovviamente è ignorante e cretino ma animato da un’efficienza francese. Non è Clouseau, cioè un’idiota inefficace, anzi è perfetto per il mondo dello spionaggio che non è meno cretino di lui, ci si trova a pennello e i problemi che la sua idiozia crea non sono maggiori di quelli che la sua idiozia risolve.

La sua discesa in Egitto è un trionfo di colonialismo anni ‘50 e sciovinismo preso in giro. Non sa niente e crede di sapere tutto, corregge la ragazza che gli dà informazioni con condiscendenza sostenendo che l’arabo è una lingua assurda e non può essere di certo parlato da milioni di persone come dice lei (“Forse non sai quant’è un milione cara!") e in una delle scene più divertenti si traveste da suonatore di una banda di musica locale riuscendo a sorpresa a suonare benissimo e quando gli chiedono un bis, nonostante la faccia preoccupata, attacca un altro brano con gioia.

Non solo è abbastanza unica la maniera in cui un film francese prenda in giro lo sciovinismo (OSS 117 è innamorato del presidente e dà in giro sue foto a tutti come fosse un regalo prezioso) ma è molto più raffinata la maniera in cui opera una presa in giro degli uomini dell’epoca tramite il modello di mascolinità di quegli anni.
In questo è gigantesco Dujardin. Il film purtroppo non ha sempre lo stesso ritmo e tra una gag molto divertente e l’altra passano un po’ di minuti, tuttavia Dujardin ha una maniera di animare anche le scene più spente che è vincente. È proprio la caratterizzazione della recitazione che cambia tutto. La maniera in cui riesce ad assumere pose dell’epoca suonando ridicolo, le espressioni con cui comunica sicurezza nell’idiozia e infine le sue movenze che oggi risultano fuori dal tempo (ad esempio nei combattimenti pieni di goffi colpi di taglio).
Se Mike Myers esagerava in ridicolo per trovare la parodia (un brutto con le espressioni sbagliate fuori dal tempo che però piace a tutte), Dujardin è un bello con le espressioni giuste, perfetto per i suoi anni, la cui idiozia è tutta nei dettagli di un’altra epoca.

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