Agente Allen, la recensione
Abbiamo recensito per voi Agente Allen, il fumetto creato da Tiziano Sclavi prima di Dylan Dog
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Quanti di voi sanno o si ricordano che nel 1986 Tiziano Sclavi era presente in edicola con ben due fumetti? In quell'anno, infatti, esordiva Dylan Dog per Sergio Bonelli Editore e contemporaneamente su Il Giornalino si concludeva Agente Allen.
Per il resto, il cartonato uscito in fumetteria lo scorso novembre è una esperienza pregevole che ci mostra in nuce la poliedrica, strabordante creatività di Sclavi, che sarebbe presto esplosa in Dylan Dog.
In Agente Allen, e in seguito in Dylan Dog, troviamo anche l'esclamazione che diventa divertissement e connotato distintivo del personaggio, il gusto per la citazione cinematografica, il sale della cultura popolare e i riferimenti colti; sono ugualmente significative l'ironia e la vena surreale che qui non hanno quel risvolto amaro e malinconico che acquisiranno nella testata Bonelli.
La serie de Il Giornalino, infatti, è un prodotto leggero, tutt'altro che drammatico. Per soggetto e tono narrativo si potrebbe avvicinare ad Alan Ford: come il capolavoro di Max Bunker e Magnus, è la parodia di un immaginario fortemente codificato e condiviso dal grande pubblico, quale quello dei romanzi e dei film di spionaggio; su tale spina dorsale si innestano varie contaminazioni di genere, dalla spy story all'horror, dalla fantascienza all'azione.
Anche dal punto di vista grafico, Agente Allen si inserisce nel solco della tradizione del Fumetto umoristico nostrano. Il tratto estremamente espressivo di Rossi trascende spesso nella caricatura, arrivando a ricordare - soprattutto nella caratterizzazione degli antagonisti - Nick Carter, di Bonvi e Guido De Maria.
Nonostante ciò, stiamo parlando di un'opera moderna, effervescente. Nei limiti angusti dettati da sole dieci pagine per storia e dalle restrizioni sui contenuti imposte dall'editore, Sclavi dà prova di una fantasia irrefrenabile, così come di uno spirito bizzarro e spassoso. Ogni avventura è basata su un impianto semplice e schematico, articolato in gag ricorrenti che diventano quasi un loop e rimandano alla trasmissione cult di quegli anni, Drive In, che fece della battuta ripetitiva, del tormentone, il proprio incredibile successo.
Sclavi ovviamente, non si adagia su questi meccanismi: li smonta, li ribalta, vi inserisce spunti e suggestioni rubati al grande schermo, alla Letteratura, alla cronaca. Le sue sceneggiature sono brillanti, innovative, estremamente efficaci, e diventano spesso spiazzanti grazie al contributo di Rossi, dotato di una tecnica recitativa straripante.