Agent Carter 2x10 "Hollywood Ending" (finale): la recensione

Il saluto finale, forse per quest'anno, forse per sempre ad Agent Carter: una conclusione in cui le relazioni sono più importanti della tensione

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Spoiler Alert
Termina così, con un bacio e una pistola, la seconda, e forse ultima, stagione di Agent Carter. Lo scontro con Whitney e la tensione del finale vengono quasi completamente disinnescati da un finale che fa della leggerezza nella scrittura la sua bandiera, recuperando un Jarvis in grandissima forma e un colorito gruppo di personaggi che per la maggior parte del tempo parlano in "scientifichese" alla luce del sole. Le poche ombre di un cliffhanger che potrebbe rimanere irrisolto non bastano a gettare tensione su un episodio, Hollywood Ending, che per tutto il tempo lavora in funzione di un addio che accontenti un po' tutti, che rimetta in gioco, come è giusto che sia, Howard Stark, che dia a Peggy il giusto finale romantico che merita. In tutto questo la minaccia passa in secondo piano, e la tensione non è paragonabile a quella costruita nel finale dello scorso anno. Gioie e dolori di un'annata non perfetta, ma soddisfacente.

Whitney Frost, ormai completamente fuori di testa e assuefatta alla Materia Zero, deve essere fermata. Il gruppo al gran completo, che per l'occasione ritrova Howard Stark, si prepara a contrattaccare con una tecnologia in grado di riaprire la frattura dimensionale e risucchiare l'energia assorbita da Whitney, lasciandola indifesa e inerme. Il piano sostanzialmente procede senza intoppi, e l'aiuto di Joseph Manfredi non farà che aiutare ulteriormente il gruppo a mettere a punto la trappola. In nessun momento della puntata la minaccia di Whitney viene percepita, con l'antagonista che, nello scambio più esilarante della puntata ("Jarvis! You just hit a woman with my car"/"I know sir"/"She’s a two-time Oscar nominee!"/"Ms. Frost is quite resilient. She’s fine, trust me"), finirà addirittura investita da Jarvis.

Gli ultimi dieci minuti non fanno che consolidare il più conciliante dei finali possibili. Non c'è spazio per i conflitti o l'astio in questa spy story davvero fuori dal tempo quanto a gestione delle relazioni, dolcemente e consapevolmente ingenua (ne avevamo avuto più di un assaggio con il momento musical della scorsa settimana). Ecco quindi che Wilkes si farà da parte senza problemi lasciando campo aperto a Sousa, come sapevamo che sarebbe accaduto. Tanto in corso d'opera che in conclusione comunque questo accenno di triangolo amoroso non ci ha mai convinto: troppo artificioso, troppo calato dall'alto. La stessa moglie di Jarvis non ci penserà proprio a provare risentimento per Peggy, dopo che la scorsa settimana tra le altre cose la serie ha deciso di oscurare il momento drammatico della scoperta in ospedale.

In tutto questo il rapporto tra Peggy e Jarvis rimane la pietra angolare della serie, e vale la pena rimarcarlo in quello che potrebbe essere l'ultimo episodio della serie. I due – grande lavoro di Hayley Atwell e James D'Arcy – si sono cercati e arricchiti a vicenda, in un rapporto forse non originale, ma costruito con sincerità e costante devozione. Il risultato finale è che ci troviamo con personaggi che hanno un cuore e un'identità in grado di sostenere, in più momenti, una scrittura non all'altezza. Spesso ci siamo trovati quest'anno a notare come forse dieci episodi siano stati troppi per una serie che in fondo ha messo in campo un intreccio più basilare – e in definitiva meno incisivo e memorabile – di quanto il tira e molla stagionale potesse suggerire. D'altra parte è stato fatto un ottimo lavoro, soprattutto in Smoke & Mirrors, che forse rimane la puntata migliore della stagione, per sottolineare un inatteso quanto gradito parallelo tra Peggy e Whitney, merito anche di un'ottima interpretazione di Wynn Everett.

Se questo dovesse essere l'addio a Agent Carter, diciamo che rimane una buona esperienza televisiva, completamente diversa da tutto il resto del Marvel Universe, e non solo per ambientazione storica.

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