Agent Carter 2x05 "The Atomic Job": la recensione

Giro di boa per Agent Carter, che proietta i protagonisti in una missione rischiosa

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Spoiler Alert
Una delle caratteristiche più apprezzabili di Agent Carter è la sua capacità di gestire una storia che tocca al tempo stesso più toni, senza però snaturare il risultato, ma anzi costruendo qualcosa che il più delle volte ha una sua coerenza interna. Quindi un'ambientazione del passato, con tutto quello che ne deriva, ma con la consapevolezza che questo è un mondo in cui tecnologie fantascientifiche e superpoteri sono la regola. Una storia di spionaggio un po' strana, raccontata tra dramma e leggerezza. Ed è proprio su quest'ultima che The Atomic Job pone l'accento, mettendo in campo una squadra tra le più improbabili in missione per fermare Whitney e i suoi piani.

Tramite una visione un po' improvvisa e ingiustificata, ma diciamo che serve alla trama, Wilkes riesce a individuare il corpo di Jane Smith tramite il collegamento con la Materia Zero. Peggy e Jarvis, che per l'occasione ha indossato la sua cravatta da "tempo libero", arrivano sul posto giusto in tempo per scoprire, proprio per bocca di Whitney, che la donna intende appropriarsi di un ordigno atomico. Scatta quindi una seconda missione, molto più pericolosa della prima, che vedrà coinvolti anche Sousa, Rose e il dottor Samberly. La serie, e la regia di Craig Zisk, giocano sull'improbabilità del gruppo, ovviamente ribaltando quello che ci si potrebbe aspettare, e quindi dimostrandoci che tutti loro sono più che in grado di svolgere il loro compito.

I modi garbati di Jarvis, l'impreparazione di Samberly, il fisico di Rose, vengono tutti sfruttati nel più classico dei ribaltoni che ne esaltano le caratteristiche e li mostrano come eroi occasionali. Nell'occasione ritroviamo anche la società Roxxon, in cui Peggy e gli altri dovranno infiltrarsi per recuperare nuclei di plutonio. E ritroviamo, anche qui in un momento molto leggero, Ray Wise nei panni di Hugh Jones. Tutta questa somma di momenti leggeri – anche gradevoli per quanto molto già visti – finisce per togliere quel senso del dramma e minaccia che fino a ora avevamo respirato. Ne consegue che, nel momento del confronto tra Peggy e Whitney, tutto è più ridimensionato, e le stesse conseguenze fisiche che la protagonista riporterà sono troppo esagerate e violente per la situazione.

Senza contare che il fatto finisce per spalancare le porte al più classico dei ripensamenti sulla proposta di matrimonio che Sousa aveva fatto poco prima alla sua ragazza. Alla fine chi ne uscirà meglio – nonostante il suo piano alla Roxxon sia stato ostacolato – è Whitney, soprattutto grazie ad un momento violento con il criminale Joseph Manfredi nel quale non si scomporrà, ormai sempre più padrona della propria vita, e di quella del marito. Agent Carter chiede poco ai suoi spettatori, e riesce sempre a regalare un intervallo piacevole in compagnia di personaggi che è facile apprezzare, anche quando, come stavolta, il tono della storia non è perfettamente sotto controllo e finisce per perdersi in cliché.

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