Agent Carter 2x03 "Better Angels": la recensione

Nel terzo episodio di Agent Carter continua l'indagine di Peggy sul conto della Isodyne, mentre nella serie torna un volto familiare

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Spoiler Alert
"But they are ready for a movie based on a comic book? Sounds like a dreadful idea"

Howard Stark era l'elemento mancante nell'ottimo triangolo – rigorosamente non amoroso – di protagonisti di Agent Carter in questo avvio di seconda stagione. Il padre di Tony, che con le fattezze di John Slattery appariva al fianco di Peggy nell'incipit di Ant-Man, rappresenta il negativo esatto di Jarvis. E in questo gioco di opposti in cui l'elemento di equilibrio è sempre Peggy, dato che i personaggi sono definiti in larga parte in base a come si rapportano a lei e da lei sono percepiti, la serie Marvel trova ulteriori spunti tanto a un livello più superficiale di sviluppo narrativo quanto più sottile di empatia con i nostri caratteri.

Sviluppo narrativo garantito dall'approfondimento in laboratorio della misteriosa materia oscura con cui la stessa Peggy entrerà, suo malgrado, in contatto trovandosi a gestire degli spiacevoli effetti collaterali, comunque di breve durata. Se l'idea dell'elemento "alieno" dalle proprietà straordinarie rientra tra le più abusate delle motivazioni dell'universo Marvel, bisogna dire che qui la vera sfida era rendere accessibile Agent Carter, una serie di spionaggio, per quanto sui generis, a qualcosa che sulla carta si adatterebbe più all'universo dello S.H.I.E.L.D., qui ancora in fase embrionale. Da questo punto di vista, nulla da dire, tutto (o quasi) appare ben inquadrabile nell'economia della serie.

Merito anche di un villain sul quale l'episodio decide di investire in più di un momento. La minaccia rappresentata da Whitney Frost appare sempre più concreta e carica di sfumature, grazie ad un paio di rivelazioni che colpiscono nel segno e ad una scena finale con un certo impatto. Non solo l'attrice sul viale del tramonto, o la manipolatrice che avevamo visto la scorsa settimana, ma qualcosa di più, il rassicurante volto celato dietro la Isodyne. Come ben intuibile, esiste un lunghissimo ponte tra Los Angeles e New York, con Thompson avvicinato dall'FBI e costretto a cedere materiale compromettente per la Isodyne.

La presenza di Howard Stark viene gestita con il contagocce, ma dà sempre un grande respiro e un'aria di familiarità alla serie, che sa di poter intrattenere al di là delle semplici scene d'azione o del mistero in sé. Merito di una scrittura che da un lato vive molto sui rapporti intessuti lo scorso anno, ma al tempo stesso non si lascia sfuggire il senso dei personaggi, a volte dipingendoli con una sola immagine o battuta. Tra le migliori dell'episodio lo scambio in cui Howard cerca di ricordarsi di Dottie, o quando lo scienziato stuzzica Jarvis su un suo possibile interesse per Peggy, o anche quando la stessa protagonista per difendere la copertura, tra stereotipi e autoironia, se ne esce con un "I’m so sorry! I get really confused around books".

Il dr. Wilkes, ma era scontato, è sopravvissuto all'incidente del laboratorio, diventando impalpabile, invisibile e muto. Una serie di caratteristiche che potrebbero scoraggiare una sua eventuale relazione con Peggy, ma sulle quali Howard si mette a lavorare decidendo di andare direttamente in Perù per avere un confronto con un collega. Tutto il segmento è il più debole dell'episodio, anzi appare quasi fuoriposto per la superficialità con cui viene gestito: gli effetti su Wilkes sembrano troppo ad hoc per la situazione, la soluzione temporanea di Stark non è il massimo da vedersi, e in generale questa liaison non ci interessa molto.

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