Agent Carter 1x06 "A Sin to Err": la recensione

Ci avviciniamo al finale di stagione di Agent Carter: la storia fa un deciso passo in avanti

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Spoiler Alert
Col passare del tempo, Agent Carter ha lasciato l'approccio molto "episodico" degli esordi, e ha lavorato sempre più sulla trama orizzontale e sui protagonisti. Una premessa che in altri casi avrebbe portato ad un numero imprecisato di case-of-the-week ha lasciato il posto ad una trama orizzontale sempre più marcata, che dopo il giro di boa è divenuta l'unica costante dello show. Ora, con A Sin to Err, la serie Marvel gioca la sua carta migliore, rompendo definitivamente l'equilibrio di base sul quale si era mossa fino ad ora, lasciando correre libera la vicenda verso un finale di stagione (di serie?) ormai alle porte. L'episodio diretto da Stephen Williams intrattiene, diverte e sorprende.

È una puntata che per tutta la sua durata non fa che portare allo scoperto le molte tensioni disseminate negli ultimi episodi. Il doppiogioco di Dottie, l'interrogatorio del dottor Ivchenko dopo il recupero in Russia, l'indagine di Sousa, che cerca e trova nuove conferme ai suoi sospetti su Peggy Carter. Stranamente è su questi personaggi di contorno, spinti in avanti parallelamente e in qualche modo pronti a scontrarsi nel climax finale della puntata, che la scrittura di Lindsey Allen lavora. Peggy e Jarvis sono presenti, ma il focus è lontano da loro, e forte è la sensazione che la loro ricerca di una possibile spia infiltrata tra le conquiste amorose di Howard Stark sia un riempitivo, per quanto divertente.

Il più classico dei montaggi ci mostra l'infruttuosa ricerca dei due – il povero Jarvis ne uscirà parecchio malconcio – mentre alle vicende dei co-protagonisti, mai alla ribalta come in questa puntata, viene lasciata la parte più drama della serie. Omicidi, violenze varie, ipnosi e anche qualche bella concessione alla spy-story più classica, quella che vede il protagonista, unico consapevole in un mondo che va per la sua strada, braccato per un crimine che non ha commesso. Qualcosa si dilunga più del necessario nel finale di puntata, con un doppio incontro-scontro con Sousa e Thompson, ma tutto è utile a far uscire a giustificare la bella scena di contatto tra Ivchenko (che in realtà è una spia) e Dottie, che finalmente uscirà allo scoperto al Griffith Hotel e involontariamente provocherà la cattura di Peggy.

A posteriori Peggy rimane il centro di tutto, il punto di riferimento delle relazioni tra i personaggi. È lei a prendersi l'attenzione che merita nell'ultimo quarto d'ora dell'episodio, a mostrarsi molto più capace sul campo rispetto ai suoi colleghi (forse anche oltre quanto sarebbe comprensibile, ma non cerchiamo il realismo). La nemesi trova un vero senso solo nell'atteso scontro con la protagonista, e così gli spostamenti di Sousa e Thompson, e anche Jarvis, che in questa serie è la spalla per eccellenza (sua la frase migliore dell'episodio, un accenno a Ginger Rogers che non può non far sorridere). Si può divagare, oscillare tra Stati Uniti e Russia, tra fumetto e spy-story, ma il punto cardine rimane sempre quello ben individuato dal titolo della serie. E Hayley Atwell continua a fare un lavoro egregio.

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