Age of Ultron, la recensione

La recensione di Age of Ultron, il crossover che dà il via alla ridefinizione dell'Universo Marvel e che ha ispirato il secondo film sugli Avengers.

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


Condividi

È il principale architetto dell'attuale continuity in casa Marvel. Ha firmato innumerevoli e indimenticabili cicli sulle serie vendicative per passare recentemente ai mutanti con l'esordio della neonata e acclamata All-New X-Men. Ha elaborato alcuni dei più attesi e significativi megaeventi degli ultimi quindici anni: House of M (2005), Secret Invasion (2008), Avengers vs X-Men (2012). Chi poteva scrivere Age of Ultron, il crossover che dà il via alla ridefinizione prossima ventura dell'universo della Casa delle Idee, classico e Ultimate, e che ha ispirato il secondo film sugli Avengers, se non lui: Brian Michael Bendis.

Con un autore di questo calibro in gioco, le aspettative salgono alle stelle e l'attenzione si fa estrema. Allora la possibilità di leggere qualcosa di “buono” diventa quasi una certezza, ma non è sempre così.
Proviamo a fare un breve bilancio dell'intera saga composta da 10 capitoli proposti in Italia da Panini in 6 volumetti comprensivi di due tie-in, Ultron #1.AU (Kathryn Immonen, Amilcar Pinna, Kalman Androsofsky) e Age of Ultron #10.AI (Mark Waid, Andre Araujo). Quest'ultimo, contenuto insieme al conclusivo numero #10, rilancia per la “n+1-esima” volta il personaggio di Hank Pym (alias Ant-Man, alias Giant Man, alias Calabrone, alias Golia, alias Wasp) e ne riscrive alcune toccanti pagine dell'infanzia, risultando nell'insieme un episodio piacevole. Meno convincente è invece l'intreccio fantascientifico di Bendis.

Ultron, per dovere di cronica, è il robot senziente, l'intelligenza artificiale senza pari, creato da Pym per aiutare l'umanità, trasformatosi invece in una delle sue più terribili e ostiche minacce. Age of Ultron celebra nella prima parte la sua vittoria quasi definitiva sugli uomini e sui supereroi e nella seconda il loro riscatto, la rivincita dello spirito umano sulla macchina. Cosa non torna allora?

Innanzitutto la coerenza. La promessa sbandierata all'inizio come foriera di una scioccante miniserie e riguardante il fatto che la desolazione in cui versa la Terra è parte della realtà presente e non di una distopia, è presto infranta. Nel prosieguo della storia si svela un sotterfugio perché l'intervento di Wolverine e Susan Storm la tramuteranno in una linea temporale parallela e dopo una girandola di viaggi nel tempo, l'inconsueta coppia di supereroi darà vita addirittura a ben due Terre alternative, in cui ci sarà spazio anche per il regno della strega Morgan Le Fay.

In secondo luogo tutta la vicenda nella sua struttura risulta piuttosto elementare, i personaggi meno incisivi del solito. Il fumetto non riesce a trasmettere quell'adrenalina e quel divertimento a cui lo scrittore americano ci ha abituati anche se il soggetto e la sceneggiatura testimoniano l'esperienza e il mestiere del suo autore e sono supportati da alcuni grandi disegnatori come Bryan Hitch e Carlos Pacheco. Lo stesso Joe Quesada insieme ad altri colleghi firma alcune pagine cammeo nell'ultimo capitolo che introducono alcune grosse anticipazioni che riguarderanno il futuro editoriale Marvel. Gli esperti riconosceranno tra queste il crossover Ultimate, Cataclisma, o l'introduzione in continuity di Angela, il personaggio creato da Neil Gaiman (ora unico detentore dei diritti) e Todd McFarlane per la Image.

Non sarebbe inappropriato affibbiare a Bendis l'accusa che Hank Pym muove a Wolverine al termine del decimo capitolo, quella di aver abusato ripetutamente del continuum spazio-temporale, per secondi fini aggiungiamo noi. Alla fine resta la sensazione che questo fumetto sia stato realizzato quasi come un prequel e un promo di tutto ciò che accadrà nei mesi a venire sulle pagine dei mensili della Casa delle Idee e si resta più impressionati per ciò che si andrà a leggere che per quello che si è appena letto.

Continua a leggere su BadTaste