After, la recensione
Con una storia molto ordinaria, poca chimica tra i protagonisti e quasi nessun impedimento al loro amore ci si chiede cosa ci tenga avvinti ad After
Non c’è nulla di male in una storia ordinaria, il cinema migliore ne è pieno, ma è chiaro che per per far decollare il suo classico “tormented boy meets regular girl” After necessiterebbe o di una grandissima scrittura o di una chimica particolare tra i due protagonisti. Invece Hero Fiennes Tiffin e Josephine Langford non funzionano molto, lo si nota non solo nelle molte scene che hanno insieme e nelle quali costruiscono il montare del sentimento ma anche quando non sono insieme. Ad esempio le scene tra Tessa e la sua compagna di stanza paradossalmente funzionano molto di più, riescono molto meglio ad accendere la chimica vivace degli opposti, in esse capiamo che le due sono diverse ma anche che questa diversità fa scoccare una scintilla.
Lontano da casa, lontana dalla vecchia vita Tessa scopre un nuovo sé al college. Appena arrivata, e con un piede ancora nella staffa della sua vecchia vita, comincia a frequentare persone diverse da quelle cui era abituata. Ci sarà qualche strascico della vecchia vita da sistemare e l’eccitazione di nuove situazioni romantiche al lago al tramonto, oppure soli in biblioteca a leggere clandestinamente di notte (l’immagine migliore del film). Tuttavia sembra sempre mancare un intreccio, specie dopo che i protagonisti si sono conosciuti. Cosa ci tiene attaccati a questo amore così ordinario? Non le difficoltà incontrate, non la vita dei due e nemmeno una maniera clamorosamente concreta di renderlo per immagini. In buona sostanza: niente.