Act of valor, la recensione

Appoggiato dall'esercito, rivolto verso il reclutamento e ripiegato su un'idea di cinema che ricorda i videogiochi FPS, Act of Valor è il film più guerrafondaio degli ultimi anni...

Critico e giornalista cinematografico


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Affidato ad un team di tecnici (ex controfigure passate alla regia e autori di documentari a tema militare) e scritto dallo sceneggiatore di 300, Act of Valor è quello che una volta si sarebbe definito un film patriottico e che oggi è solo un film di propaganda.

Propaganda dei valori americani, propaganda del ruolo degli Stati Uniti nel mondo e propaganda dei Navy SEALS o dell'esercito in generale. Insomma un film in cui alla fine non stonerebbe la classica didascalia "Join the army".

Con un dispiego di mezzi, uomini, vere strategie e scene di battaglia dirette con meticolosa attenzione all'armamentario, ai rumori dei colpi e alle tattiche, Act of valor si connota subito come un film che punta più su ciò che accade che su ciò che si dice. I protagonisti (un team di Navy SEAL inviati in una missione pericolosa che lascia emergere dettagli e informazioni determinanti per la sicurezza del paese, generando subito altre missioni ancora più rischiose) quando non sparano parlano della propria famiglia (mostrata all'inizio con un'insistenza che ha del maniacale), del ritorno a casa, del futuro nell'arma e di come sia difficile coniugare dovere e affetti.

Si tratta di uomini che mettono patria, dovere ed etica del soldato davanti a moglie e figli, persone che sbandierano (attraverso la voce off del più protagonista del team) la propria appartenenza ad un gruppo, ad una categoria umana che ha un codice, e nella coda del film invitano i nuovi nati a fare lo stesso a non scegliere "la via codarda" ma vivere secondo un codice. Cioè arruolarsi.

Eppure la parte più fastidiosa non è tanto quella propagandistica, che in fondo è solo ideologia sbandierata e quindi più innocua di quella contraffatta, quanto l'incapacità di mettere in immagini originali la visione del conflitto. Non solo a tratti l'ingresso delle truppe e l'uso dei mezzi tecnici è ritratto con un'enfasi che sembra ricordare quel modo ingenuo e trionfalistico con il quale anche la Polizia italiana è ritratta nelle serie o nelle pubblicità commissionate dal corpo, ma tutta parte d'azione saccheggia utilizza l'immaginario di Call of duty e Metal gear solid.

Dei videogiochi citati Act of valor ha tutto, non solo l'idea di una visuale in soggettiva con la punta del fucile davanti, ma proprio le inquadrature, i colori, le alterazioni dell'immagine quando il personaggio non è cosciente, il modo di presentare i ruoli e l'estetica del nemico (ex sovietici che sono diventati terroristi islamici, il massimo!). Tutto per mostrare al proprio pubblico d'elezione che la realtà dell'azione non è distante dal divertimento che praticano a casa.

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