Acque profonde, la recensione

Sotto la patina di thriller erotico, in Acque profonde emerge lo scacco dell'uomo, immobile di fronte al ruolo attivo della donna. La recensione

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La recensione di Acque profonde, dal 18 marzo su Prime Video

Lo aveva capito David Fincher in L’amore bugiardo - Gone Girl: per far recitare bene Ben Affleck bisogna affidargli personaggi in balia degli eventi, sopraffatti, in cui fare leva sulla sua faccia perennemente sbalordita di fronte a quello che gli accade intorno. Se n’è ricordato Adrian Lyne, che sovente ha ritratto uomini zittiti di fronte alla presa di posizione femminile (come il Mickey Rouke nel finale di 9 settimane e ½) o direttamente soggiogati dal loro ruolo attivo (Micheal Douglas in Attrazione fatale). Nel suo nuovo lavoro, Acque profonde, Affleck interpreta Vic Van Allen, uomo sposato con l’affasciante Melinda (Ana de Armas). L’asfissia dell’ambiente domestico è chiara dalle prime scene, quando la donna, sempre sull’orlo di una crisi di nervi, non riesce a imporre niente alla figlia. La crisi di coppia è dovuta ai frequenti flirt di Melinda, per cui l’uomo è costantemente sull’attenti. Turbato ma incapace di reagire, minaccia l’ultimo di questi sostenendo di aver ucciso il precedente, al momento effettivamente scomparso. Una risposta al gioco psicologico di Melinda, in cui desidererebbe ammantarsi di fascino tenebroso, ottenendo però l’effetto contrario: risulta goffo e impacciato, tanto che stentiamo a credergli.

Adattando il romanzo omonimo di Patricia Highsmith, è evidente dunque che Lyne abbia visto l’opportunità di tornare (a ben vent’anni di distanza dal precedente Unfaithful - L'amore infedele) a riproporre atmosfere e temi a lui cari: la crisi del maschio bianco e di tutta una società maschilista, della famigliola perfetta a immagine del marito. Nelle feste in ville fatiscenti covano istinti sessuali a fatica repressi, le donne sono sempre oggetto dello sguardo degli uomini, che non lesinano frasi misogine. Qui Vic costantemente guarda la sua moglie divertirsi, ubriacarsi, flirtare, restando sempre in disparte, senza fare nulla. Tutto sembra nascere da sue proiezioni mentali, piuttosto che dalla realtà effettiva: non vediamo mai Melinda spingersi oltre, nonostante lui cerchi sempre di trovare prove a suo favore. Un voyeur immobile che crede di dominare ma che si rivelerà dominato.

Tra i due, è Vic a sembrare così il personaggio nevrotico: rinchiude la moglie nelle mura domestiche (le pareti e il soffitto della casa sono costantemente inquadrate, dando l’effetto di schiacciare i personaggi) e le mette contro la figlia. Così, le provocazioni di Melinda appaiono come naturale conseguenza di questo atteggiamento, attraverso cui lei riesce però a ribaltare la sua posizione subalterna, rispondendo a tono, prendendo l’iniziativa nel sesso, usando il suo corpo per piegare la volontà del consorte. L’esplosione che ne consegue è allora la miccia che fa deflagrare le fantasie maschili di sopraffazione verso una figura femminile che fino alla fine rimane inafferrabile e impassibile. Ana de Armas dà vita a un personaggio ambiguissimo, ma verso cui siamo sempre portati a empatizzare, a capirne le ragioni, mentre Vic è monolitico nel carattere e ingiustificabile nelle azioni.

Questo lavoro di destrutturazione si traspone anche nei confronti del genere stesso. Il regista realizza come un’opera di aperta risposta ai tanti film simili usciti in questo periodo e a chi considera il suo 9 settimane e ½ il precursore dei 50 sfumature vari. Acque profonde poteva essere materiale per torbido thriller erotico, per scene pruriginose atte al piacere dello spettatore (soprattutto maschile). Ma qui le poche scene di sesso non sono mai scandalistiche: percepiamo un senso di malsano, la violenza dell’uomo, l'unico strumento che usa per provare a sottomettere la donna. Anche l’atmosfera perversa che percepiamo sembra sempre una proiezione mentale perversa di Vic, frutto della sua incapacità di configurare Melinda ai propri desideri. Alla componente erotica si predilige quella psicologica, in un thriller raffreddato in cui l'intreccio, quando esplode nella seconda parte, è la palese messa in scena di un progetto destinato a fallire. Così, quello che resta è solo il turbamento per lo scacco di una narrazione e di uno sguardo maschile che non può che rimanere immobile.

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