Accidental Love, la recensione
Rimandato a lungo, mai finito dall'autore e poi disconosciuto, Accidental Love riporta David O. Russell a prima della rinascita partita con The Fighter
Nonostante Russell desideri disconoscerlo (e in effetti ha dei seri problemi di ritmo, anche se corre come alimentato da un timer che ticchetta ma allo spettatore pare più una inconsueta stravaganza) Accidental Love porta con sè tutti i marchi del suo autore, anche se è stato concepito prima della "rinascita" iniziata con The Fighter. Nella storia stralunata della ragazza con un chiodo in testa che non avendo assicurazione sanitaria non può liberarsene e dei suoi amici nella medesima situazione diretti a Washington per cercare una risposta dopo aver visto una pubblicità, c'è quella poetica dei matti e degli squilibrati alla riscossa che ha animato anche i suoi lavori successivi. Soprattutto c'è quella capacità tipica di David O. Russell di lavorare sul sentimentalismo tradizionale (quello delle strutture classiche, dei grandi baci finali) con rinnovata energia, come se non fosse mai un espediente abusato.
La storia di Accidental Love è animata da quell'idea di rivincita dei cretini alla base anche di Il lato positivo, eppure tutto è mostrato attraverso uno sguardo molto più leggero e spensierato, privo della gravitas del film con Bradley Cooper e Jennifer Lawrence. Il piccolo gruppo di freak di Accidental Love (che interagiscono sempre tutti nelle stesse stanze o negli stessi ambienti, gli uni ospiti a casa degli altri, mettendo bocca nelle decisioni dei protagonisti come una famiglia allargata) è parente di quelli che vedremo nei film successivi, ne è una versione esasperata e più favolistica, in armonia con il tono paradossale e con i colori sparati del film.