About Dry Grasses, la recensione
Anche quando gira più a vuoto del solito Ceylan con About Dry Grass riesce a usare la messa in scena e la grammatica per stupire colpire
La recensione di About Dry Grasses, il film di Nuri Bilge Ceylan presentato in concorso al Festival di Cannes
La trama racconta di professori di una scuola media di provincia. Montagna, inverno, tantissima neve e due docenti, amici che condividono una casa, convocati dal preside perché due bambine hanno fatto modeste accuse di eccessiva confidenza dimostrata da loro. Pizzicotti sulle guance e qualche abbraccio di troppo. Nessuno gli dà reale importanza tranne noi che, visto il tema, siamo subito attenti. Inizia l’indagine degli spettatori nei dialoghi, nelle immagini e negli atteggiamenti per capire se ci sia di più, se le bambine mentano (come dicono tutti), se siano cotte degli insegnanti e si vendichino per le poche attenzioni o se sia invece tutto vero e ci sia di più. Intanto il film fa altro e alla fine ci conduce proprio altrove con il ragionamento.
Parte così una segmento centrale ambientato lungo quella serata, con una discussione molto lunga e accesa, fatta di visioni di vita, paese e morale diverse. E poi quando meno ce lo si aspetta Ceylan rompe la sua grammatica, salta dai campi lunghi a dei primi piani e questo cambio è un colpo di fucile. Una bomba che fa saltare sulla sedia per come è gestita per il momento in cui arriva e le espressioni che inquadrano, in un pugno di quelli che sono diventati campi e controcampi è cambiato il film, la tensione sentimentale di questa serata con vino è cresciuta e addirittura un altro cambio di grammatica, un movimento di macchina accennato aumenterà ulteriormente la forza del tutto. Una delle migliori serate di coppia viste negli ultimi anni, si arriva alla fine della scena quasi spompati dallo sforzo e dalla tensione per il risultato.
Ma nemmeno quello è il vero centro di About Dry Grasses che invece è più ampio e meno efficace. È una storia di disillusione. Gli eventi con le bambine hanno finito di fiaccare la resistenza di questo docente che sa che sta per lasciare quell’incarico di provincia e tornare in città. Si lascia andare ad insulti, odia questi campagnoli e si sente inutile perché non combineranno mai niente. Non c’è più ombra di idealismo o fiducia nella missione. Tutto va in rotta e un finale in controtendenza (nella nuova stagione: l’estate) non chiude il ragionamento lasciandolo aperto ma suggerendo solo che le stagioni del pianeta non sono diverse da quelle degli esseri umani. Cinema incredibile anche quando gira un po’ a vuoto. Cinema di immagini che parlano da sole anche quando punta tutto sul dialogo.