Abigail, la recensione
Dietro ad Abigail non c'è una sofisticata idea di scrittura (anzi!) ma una voglia divertirsi e poi la capacità di farlo, che da sole bastano
La recensione di Abigail, il film di con Melissa Barrera in uscita in sala il 14 maggio
C’è il duro, lo scemo grosso, il ragazzo un po’ fatto, la hacker con gomma da masticare ricca in cerca di emozioni, la donna risoluta con una famiglia a cui tornare e il militare tutto d’un pezzo. Ma non sono solo i personaggi, tutto nel film, già dopo pochi minuti dall’inizio, scarica addosso allo spettatore una quantità esagerata di stereotipi: la bambina ricca che fa danza classica, la grande casa vuota in cui lei pare abbandonata da genitori assenti, i SUV neri che la scortano, i criminali che sono bastardi e cattivi gli uni con gli altri e l’uso antifrastico della musica classica per evocare l’opposto di ciò a cui la collegheremmo.
Abigail è esattamente un misto di Scream e Finchè morte non ci separi, è un film d’azione con gran passione per il sangue, gli spari e le esagerazioni a contrasto (lì era il vestito da sposa e il fucile, qui c’è di mezzo la classica e il balletto) che continuamente si ricorda di voler essere anche una commedia. È il suo vero pregio, abbracciare un’idea di cinema godereccia in cui le cose non avvengono per dimostrare qualcosa o per giungere a un’immagine, ma come scusa per facili e emozioni e sicure conclusioni (la famiglia è importante!). Il suo abito di genere insomma lo sa indossare bene, anche se per tutto il tempo sembra dover pagare una scommessa: riuscire a fare un film intero riproponendo solo situazioni, dialoghi, scene e svolte convenzionali, già viste in almeno 10 film. Ma la scommessa la vince perché, molto semplicemente, sa come divertirsi, che è quello che fa la differenza tra una scemenza con cui ridere e una di cui ridere.