A+A – Le avventure di Archer e Armstrong vol. 2: Storie d'amore e viaggi in auto, la recensione
Anche questo secondo storyarc di A+A non regge il confronto con le precedenti gestioni dei protagonisti
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Storie d’amore e viaggi in auto è il titolo del secondo volume di A+A, la nuova serie di Archer e Armstrong, tra le coppie di eroi più sgangherate dell’Universo Valiant. Dopo averci portato a spasso nell’infinita borsa di Aram Anni-Padda, lo scrittore Rafer Roberts (Harbinger Renegade) incentra questo arco narrativo sull’amore, in particolare sul differente approccio che i due protagonisti hanno nei confronti di questo folle sentimento. Da un po’ di tempo a questa parte, infatti, è nato qualcosa tra la super eroina Faith “Zephyr” Herbert e Obadiah Archer.
Accompagnato dal disegnatore Mike Norton (BattlePug), Roberts delinea una vicenda che punta sulle peculiarità del titolo: storie itineranti, personaggi al centro di vicende assurde, una massiccia dose di nonsense e scazzottate. Le tappe di avvicinamento all’incontro tra Armstrong e la sua dolce metà sono scandite da incontri bizzarri, tra cui quello con il Circo Nauke e la sua comunità di freak, tutti stranamente assomiglianti al Nostro.
"L’irriverenza che da sempre rappresenta la cifra stilistica della serie è andata perduta tra dialoghi poco incisivi e svolte banali."Pagina dopo pagina, ci trasciniamo stancamente lungo situazioni prevedibili – il mistero dietro alla somiglianza tra Aram e la comunità circense, o come si sviluppa l’incontro amoroso tra Faith e Obadiah – e le poche soluzioni che strappano un sorriso non portano comunque a un finale degno di nota. In particolare, l’irriverenza che da sempre rappresenta la cifra stilistica della serie è andata perduta tra dialoghi poco incisivi e svolte banali, e a poco serve l'inserimento delle backstory dedicate alla sorella di Archer, Mary-Maria, e a Davey il branzino: la comicità forzata di queste sezioni appesantisce oltremodo la lettura, rendendo la fruizione del volume ancora più ostica.
Dispiace vedere il buon lavoro del Premio Eisner Mike Norton sciupato così; la sua interpretazione è certamente più congeniale di quella del suo predecessore David Lafuente, qui in veste di disegnatore delle storie di Davey. Con la sua capacità di esaltare l’aspetto più creepy del racconto e di alzare il ritmo nelle sequenze più dinamiche, Norton si dimostra un disegnatore di razza, sebbene si ritrovi in un contesto che non esalta del tutto le sue abilità.
Se questo volume fosse un album musicale, passeremo alla prossima traccia alla ricerca di un pezzo più coinvolgente. Ci sentiamo di dare una nuova occasione al caravanserraglio di personaggi che popolano la serie, certi che non si possa continuare a svilirne l’enorme potenziale e che sia ancora possibile produrre qualcosa di orecchiabile, se non proprio una hit.
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