A Young Doctor's Notebook: la recensione

Daniel Radcliffe (Harry Potter) interpreta un giovane medico in questa bella miniserie: ecco il commento...

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Molto tempo prima di diventare il genio creativo destinato alla fama – purtroppo postuma – per aver scritto il capolavoro Il Maestro e Margherita, il russo Michail Bulgakov era un giovane, impacciato e terrorizzato al momento di affacciarsi alla vita dopo aver conseguito la laurea in medicina. Era un'altra Russia, alle soglie ma ancora non rivoluzionata dal crollo del regime zarista, un Paese, una cultura, una società che l'autore volle raccontare, in maniera autobiografica, con una serie di storie che poi avrebbero formato i Racconti di un giovane medico. Puntando su un cast di richiamo e su un formato inusuale (appena quattro puntate da venti minuti), Sky Arts ha deciso di portare sul piccolo schermo quella piccola opera, vincendo la propria scommessa.

Nella Mosca del 1934 un dottor Bomgard ormai adulto (e con le fattezze del Jon Hamm di Mad Men) si vede irrompere nello studio alcuni membri della polizia sovietica. Apparentemente distaccato da quanto sta accadendo, il medico rivolge la propria attenzione ad un vecchio taccuino scritto di sua mano nel 1917 quando, ancora giovane, si apprestava ad assumere il suo primo incarico in un piccolo e sperduto paesino. Ad interpretare quella più giovane e incoscente versione di sé troviamo Daniel Radcliffe, qui in un nuovo ruolo da protagonista dopo The woman in black.

Sfruttando pienamente il poco tempo a disposizione, A Young Doctor's Notebook riesce a costruirsi una propria dimensione narrativa, un proprio stile sempre a metà tra humor nerissimo e dramedy, una perfetta alchimia tra i protagonisti e un'identità libera rispetto all'opera originale. Il punto di forza dei racconti consisteva nella grande carica autobiografica di cui Bulgakov aveva voluto riempire il suo protagonista, rendendolo – e rendendoci – partecipe di tutte le sue preoccupazioni e ansie al momento di mettersi alla prova, nella descrizione di situazioni mediche ritenute insormontabili e nel saper comunicare la grande gratificazione al momento di aver superato una prova.

La grande differenza con la serie risiede invece nel fatto che tutti questi elementi, pur presenti, passano in secondo piano rispetto alla volontà di esasperare certe situazioni, di passare al microscopio tutte le piccole, folli caratterizzazioni che si muovono all'interno dello studio, di prendere l'elemento ironico di ogni situazione e metterlo al centro di tutto. E se a monte la scelta di far interpretare lo stesso personaggio a Hamm e Radcliffe (non esattamente simili fisicamente) può sembrare una scommessa azzardata, è la stessa serie a giustificare questa decisione giocandoci più volte su, soprattutto sull'elemento dell'altezza. I due protagonisti costruiscono un'alchimia perfetta ed è soprattutto l'ex mago a sorprendere mettendosi in gioco, e fornendo un'ottima prova, in una serie che di scontato ha davvero poco.

Una regia e un montaggio adeguati alle esigenze narrative contribuiscono a tenere sempre alto il ritmo in questa serie nella quale non viene concesso un attimo di tregua e non esiste praticamente soluzione di continuità tra scene surreali (su tutte rimangono quelle in cui il giovane medico si ritrova a ricevere consigli o a litigare con la versione adulta di sé), momenti puramente divertenti o violente situazioni di natura medica in cui non si risparmia nulla alla vista (alcune scene sono decisamente esplicite e brutali). I difetti risiedono in una durata veramente breve (ma considerando il materiale originale non si poteva fare altrimenti) e nella debole storyline ambientata nel 1934 che, se da un lato dà il via alla trama, finisce presto per appesantire e annoiare. Quello che rimane alla fine è un piccolo ma gradevole esperimento che, anche considerando la breve durata, merita di essere recuperato.

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