A un Metro da Te, la recensione
Purissimo, platonissimo e con una protagonista perfetta, A un Metro da Te porta a casa tutti i punti che contano per vincere la partita
A dire il vero un tentativo simile l’aveva già effettuato Noi Siamo Tutto, cioè quello di sfruttare l’espediente di una malattia che segrega per giocare sull’idea dell’amore platonico e della tensione verso il contatto. L’amore è come sempre un atto di grande coraggio (perché destinato ad essere frustrato dalla morte) ma è anche purissimo perché svincolato dalla carnalità, puro sentimento sempre in attesa di un futuro in cui potrà diventare anche atto.
Neanche a dirlo non è semplice lavorare su queste direttrici con attori alle prime esperienze ma Haley Lu Richardson, già vista in Split e 17 anni (e come uscirne vivi), si dimostra sorprendentemente brava. Al primo ruolo di peso da protagonista sfodera una capacità non comune di lavorare non solo sull’espressività estrema (quella richiesta dal film) ma anche su tutto quello che sta in mezzo ai sentimenti estremi, conscia che per arrivare a quelli bisogna passare anche per le sensazioni più blande. Sono tecniche molto adulte e non frequenti nei teen movie romantici. In questo genere infatti l’idea è sempre di raccontare un’età in cui tutto è una questione di vita o di morte imbastendo una trama in cui effettivamente l’amore è questione di vita o di morte e stare insieme potrebbe uccidere gli amanti.