A Quiet Place, la recensione
A partire da una scrittura inesorabile A Quiet Place si dimostra un film dalla regia intelligente che serve benissimo uno script intelligente e dosato alla perfezione
Infatti è lo script che Bryan Woods e Scott Beck hanno scritto assieme a John Krasinski (attore protagonista oltre che regista) a partire da una loro storia a fare la differenza in questo film che una volta sarebbe stato tranquillamente definito un B movie, perché decisamente più concentrato sull’azione che sullo sviluppo dei personaggi, mentre oggi è un ibrido, quasi un’operazione d’autore in cui ad una trama riassumibile in una riga sola viene affiancato uno sviluppo articolato più che convincente.
Per questo, nonostante segua con diligenza la scrittura, ciò di cui c'è più da essere sorpresi è la regia di John Krasinski, attore emerso con The Office e qui al terzo film diretto, capace di comprendere subito come questo progetto in cui il silenzio è protagonista di ogni scena di suspense debba in realtà vivere molto più di soluzioni visive che uditive. Non sarà mai il sonoro infatti a scandire le scene di suspense ma semmai i diversi piani dell’immagine, come i personaggi entrino ed escano dalle inquadrature in maniere sempre sorprendenti e come piccoli indizi ben dosati svelino o carichino la suspense, un chiodo appuntito lasciato lì per dopo oppure il pancione di Emily Blunt, in sé una promessa di rumore, una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.