A Plague Tale: Innocence, patetismo emotivo - Recensione
Il tormentato viaggio di due fratelli, nella Francia del 1349, devastata dalla peste: la recensione di A Plague Tale: Innocence
Per quanto riguarda la gestione superficiale del racconto e della sua progressione il gioco si inserisce in un canone decisamente consolidato, dal cui tracciato non sceglierà mai di deviare: il viaggio di coppia descritto nell'opera Asobo Studio attinge a piene mani dalla storia videoludica, prendendo qua e là meccaniche e riferimenti stilistici e formali. Per quasi tutto il gioco useremo la fionda della protagonista come mezzo per superare enigmi ambientali incredibilmente semplici e ripetitivi, oltre che forzati e dalla messa in scena banale: stanze di topi pestilenziali o di soldati dell'Inquisizione (i due veri antagonisti del gioco) si susseguono con una certa regolarità fino alla fine dell'esperienza, alternati da pochissime boss fight che vanno dal pessimo al mediocre e da alcune sessioni di esplorazione che, al contrario, esaltano il rapporto tra i due protagonisti e la qualità della messa in scena complessiva, quando non viziata dalla necessità di costruire un level design poco credibile e molto giocoso. Al contempo, durante le fasi stealth il costante dialogo tra Amicia, la protagonista, e Hugo costruisce un rapporto capace di coinvolgere ed emozionare, ma i compagni che ci seguiranno saranno spesso invisibili per i nemici, che mostrano pattern poco credibili, ripetitivi e che spezzano l'immersione.
Tutto ciò sarebbe giustificabile in funzione dell'obiettivo dell'opera: raccontare una storia interattiva. Il vero problema di A Plague Tale: Innocence risiede proprio in questo passaggio: al netto del sacrificio delle più tradizionali componenti videoludiche non riesce a sfruttare l'interazione per dare peso alla messa in scena. È infatti stracolmo di situazioni forzate, con l'unica funzione di generare reazioni da parte del giocatore, che però si trova al contempo a dover dimenticare le meccaniche che gli sono state date fino a quel momento. Nel corso dell'avventura saremo costretti a uccidere in modi atroci, anche se l'uso del gameplay a nostra disposizione avrebbe permesso altrimenti, oppure ci troveremo ad affrontare delle situazioni estreme dalle quali saremmo potuti venir fuori con una certa semplicità, ma che saremo obbligati a completare in un modo specifico per poter innescare determinate reazioni scriptate. In tutto questo, i costanti rimproveri da parte dei compagni d'avventura e le nostre risposte su come quello fosse “l'unico modo” rendono il tutto paradossale e ci sentiremo più volte proiettati fuori dal racconto. In una storia che mira a narrare come in situazioni critiche si perda l'innocenza adolescenziale la messa in scena delle stesse deve essere il punto centrale dell'intera esperienza, ma manca quest'attenzione per la coerenza tra interazione e narrazione.
[caption id="attachment_196936" align="aligncenter" width="1920"] I topi saranno una delle due principali preoccupazioni dei protagonisti[/caption]
Quando si scrive un racconto interattivo si deve considerare in primis il valore che si vuole attribuire all'interazione e al suo impatto sul giocatore. A Plague Tale: Innocence non solo affronta con leggerezza molte fasi del suo racconto, ma arriva persino a bloccare delle meccaniche al giocatore pur di ottenere un qualche tipo di reazione emotiva, non maturata nel corso della scena ma forzata, imposta. Al netto di queste problematiche, una straordinaria direzione artistica e l'efficacia delle fasi di costruzione del rapporto tra i due protagonisti salvano complessivamente l'opera Asobo Studio.