A Modern Family, la recensione

Con un impianto base molto risaputo e l'idea di adattarlo alle famiglie gay, A Modern Family si salva perchè ha scelto perfettamente i due interpreti

Critico e giornalista cinematografico


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Alle volte basta davvero solo scegliere gli attori giusti. A Modern Family è un film molto convenzionale sulla scoperta di un nucleo familiare, tre persone costrette a convivere capiranno di non poter fare a meno gli uni degli altri e scoppierà tra loro l’amore nonostante le litigate, le intemperanze e le rivoluzioni che l’ingresso di un bambino porta in una coppia che non ne prevedeva. Copione abusato, rispolverato di nuovo dall’idea che la coppia in questione sia gay, ma davvero esaltato dai due interpreti.

Steve Coogan e Paul Rudd sono una coppia omosessuale che lavora in televisione, il primo conduce e scrive un programma di cucina paradossale (esilaranti gli spezzoni di trasmissione), il secondo lo dirige. Hanno uno stile di vita da scapoloni anche se vivono sotto lo stesso tetto, non pensano minimamente ad una famiglia fino a che non arriva nella loro vita Bill (che in realtà si chiama Angel ma preferisce farsi chiamare Bill), figlio di un figlio di uno dei due, quindi nipote. Bill deve stare con loro perché suo padre è in galera e la madre è morta. Viene da un contesto duro, è un duro e non ha proprio in simpatia gli omosessuali.

La fortuna di A Modern Family è che essendo un film con Steve Coogan non può essere brutto. E anche se qui non è accreditato alla sceneggiatura il film sembra portarne l’impronta. Il suo gay è dei due quello più eccessivo ed essendo più vecchio anche più d’altri tempi, il gay classico con le intemperanze e il desiderio di eccessi che Coogan è bravissimo a tenere sottotono. La sua recitazione in levare crea un ibrido fenomenale tra un personaggio che nasce caricaturale, come il mondo che lo circonda del resto (l’americo-messicana Santa Fe), e la sua interpretazione molto sommessa. Siamo dalle parti della maschera di commedia ovviamente ma finalmente suona sensata e divertente. Al contrario Paul Rudd, che dei due è la controparte più moderna, è un gay senza tratti omosessuali evidenti, senza cioè movenze femminili, nella strana coppia è quello sano di mente che l’altro comicamente fa impazzire.

Il bambino è invece un po’ sprecato, sempre tenuto ai margini delle gag, non partecipa realmente alla comicità del film ma si limita a fare il motore immobile: la causa delle loro avventure e l’elemento che scatena la commedia di due padri che non volevano esserlo. Non è difficile intravedere l’obiettivo del film, spostare un genere amato in un territorio inedito e politicamente rilevante. Mostrare come sempre la nascita tenere di una famiglia là dove credevamo non potesse nascere ma farlo con una coppia gay. Un finale con foto di coppie omosessuali con bambini completa il cerchio.

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