99 lune, la recensione

Focalizzato al massimo sulle scene erotiche e molto più semplice e ruffiano dal punto di vista narrativo, 99 lune sa però bene cosa vuole

Critico e giornalista cinematografico


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La recensione di 99 lune il film di Jan Gassman presentato a Cannes ACID in uscita in sala il 29 giugno

C’è un assalto sessuale all’inizio di 99 lune. Non è un uomo ad assalire una donna ma il contrario. Bigna assale (per modo di dire) Frank e lo coinvolge in un atto sessuale orale a vantaggio di lei in un parcheggio. Per lei è una pratica standard, ha un lavoro scientifico che la assorbe di giorno e la cui tensione scarica in incontri fugaci notturni o pomeridiani con uomini mascherati che poi non rivede più. Quello con Frank è uno di questi molti impeti momentanei. Il film però inizia davvero subito dopo l’atto, quando a noi è chiaro che per Frank quell’incontro sessuale non è niente di passeggero e tutto di devastante. È successo qualcosa e quella che poteva essere un’esperienza come molte altre ha, almeno per lui, un significato.

Lungo il resto di 99 lune saltiamo continuamente avanti nel tempo di alcune “lune” (che è una maniera umorale, pretestuosa e anche un po’ pretenziosa di misurare il tempo), alle volte sono poche lune, altre sono parecchie lune, e ritroviamo i due in stadi diversi della vita e soprattutto della loro non relazione. Non è una sorpresa il fatto che non imbastiranno il classico fidanzamento, ma intanto scopriamo la strana vita di Frank, in cerca di qualcosa non ben specificato nei locali notturni, e quella di lei così focalizzata sulla ricerca e il lavoro.

È una storia di rapporti labili che cercano di diventare qualcosa di più concreto con una fatica pazzesca e il buono è che Jan Gassman ne fa una storia erotica, una storia non tanto di cuori che si attraggono o teste che litigano ma di corpi che comunicano. E la maniera in cui riprende le molte scene di sesso è fantastica, tenera, impetuosa, edonista ovviamente, ma anche così focalizzata sul contatto delle pelli, le pose, gli ambienti squallidi o borghesi, da essere coinvolgente e (in un certo senso) riuscire a spiegare e raccontare il legame tra due persone che in una maniera o nell’altra sembrano non volerne uno ma non riescono a non averlo. 

Poche parole e molte immagini, poche spiegazioni e molta tensione. 99 lune funziona per immagini (anche se non ne crea di memorabili), non ha la mostruosa vicinanza che impone un dominio totale del corpo di La vita di Adele, anzi tiene la distanza di chi vuole capire prima che lasciarsi prendere. Lo stile non certo nuovo ma che qui è incredibilmente appropriato. L’impressione è che sia Frank che Bigna non sappiano, non capiscano e fatichino ad elaborare ciò che succede loro, forse nemmeno se lo chiedano, ma ne soffrano, ne godano e si attendano continuamente. 99 lune non è perfetto, non è riuscitissimo e non ha l’asciutta decisione che forse sarebbe legittimo per un film simile. Però ha capito qualcosa di essenziale: come raccontare la sua storia tramite il contatto tra gli attori, come dirigere le scene di erotismo (non solo quelle di sesso) e così creare una relazione che non ha proprio un senso ma è molto reale e lavora dentro lo spettatore. Tanto basta.

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