7 ore per farti innamorare, la recensione
Su un modello americano tipico e classico 7 ore per farti innamorare non inventa sulla sceneggiatura ma di pura messa in scena e recitazione
7 ORE PER FARTI INNAMORARE, DI GIAMPAOLO MORELLI: LA RECENSIONE
A voler pensare male e a volercela avere con le commedie romantiche, specie con quelle italiane, non è difficile dire di 7 ore per farti innamorare (pensato per il cinema ma uscito oggi in noleggio su tutte le piattaforme) che sembra la copia di una di quelle commedia romantiche francesi che a loro volta copiano quelle americane. Giampaolo Morelli dirige il film (è la prima volta) e lo scrive con uno specialista di commedia napoletane svelte e davvero poco vivaci (Gianluca Ansanelli, scrittore di All’Ultima Spiaggia, Troppo Napoletano e i film di Siani), trovando una chiave inaspettatamente perfetta per trasportare dinamiche newyorchese dentro uno spazio napoletano. L’idea base è ribaltare Hitch (lei è l’insegnante di rimorchio, lui il cliente).
La coppia Giampaolo Morelli e Serena Rossi funziona moltissimo, l’avevamo già notato nel più moscio Ammore e Malavita, e qui anima il classico battibecco con personalità, forza ed un’energia che evita sempre che sopraggiunga la sonnolenza della banalità.
Ma su tutto sono i comprimari a vincere la partita. Morelli sceglie benissimo sia la sua spalla (Fabio Balsamo, già noto per i video con i TheJackaL e probabilmente ad oggi una delle migliori spalle in assoluto del cinema italiano, si veda Addio Fottuti Musi Verdi), sia il suo antagonista (Massimiliano Gallo, straordinario in qualsiasi cosa faccia e quindi anche qui, in questo ruolo di commedia, capace di far ridere anche solo con una faccetta e una risatina) e infine Diana Del Bufalo, che di film in film sta trovando un suo personaggio, diventando una caratterista e migliorando nettamente il suo impatto sui film (già La profezia dell’Armadillo l’aveva fatto intuire).
Accade così quello che meno ci si potrebbe aspettare da 7 ore per farti innamorare: ogni tanto addirittura si può ridere. È così raro che accada in una commedia italiana che quasi fanno male i muscoli del viso, anchilosati in un’espressione di sconforto da decine e decine di commedie che non sanno strappare una risata.