53 storie brevi, la recensione
Un albo dei ricordi, per i lettori attempati, mentre a quelli più giovani offrirà delle istantanee per capire l’Italia a cavallo tra la fine degli anni '60 e i primi dei ’70
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Lo scorso fine ottobre Allagala ha rilasciato sui nostri scaffali uno dei suoi ultimi cartonati di pregio, frutto dell’infaticabile passione e ricerca che muove la casa editrice torinese, ormai divenuta un punto di riferimento nella pubblicazione di quei fumetti italiani tanto preziosi quanto introvabili. In questo caso parliamo di 53 storie brevi, tutte firmate da un gigante della sceneggiatura per balloon del Bel Paese: Claudio Nizzi. Sono racconti che uscirono per Il Giornalino oltre mezzo secolo fa e che da allora non sono stati mai più ristampati.
Servivano episodi molto corti: una dura ma formidabile palestra, ricorda sempre lo sceneggiatore in prefazione, e oggi, aggiungiamo noi, modalità editoriale scarsamente o per nulla utilizzata. Nizzi, invece, si era costruito un notevole bagaglio di competenze al riguardo, grazie alla sua precedente esperienza a Il Vittorioso, che aveva da poco chiuso i battenti. Con suo grande stupore e piacere, ritrovò alla redazione de Il Giornalino alcuni dei migliori disegnatori del panorama italiano di allora e di oggi, che come lui erano stati costretti ad abbandonare la gloriosa testata che era nata nel 1937 e aveva cessato di essere trentadue anni dopo, il 31 dicembre 1969.
Gli stilemi grafici presenti offrono dunque una varietà invidiabile; i toni adottati vanno dall’umoristico al drammatico e gli argomenti trattati sono ben assortiti: si passa dalla guerra ai paesi esotici, dalla denuncia di problematiche sociali e razziali alla pura avventura; spesso i protagonisti sono nel fiore dell’età o addirittura ragazzini, la platea ideale per Il Giornalino. Non di rado i temi suddetti si intrecciano tra loro; in taluni casi promuovono un insegnamento morale semplice se non ingenuo, ma colpiscono tutte per l’estrema duttilità narrativa e per la smisurata capacità creativa di Nizzi. Il futuro ideatore di Larry Yuma e di Nick Raider – nonché, ancora ai nostri giorni, una delle penne più rappresentative di Tex – non trascura ovviamente western e giallo per questi fumetti ridotti e autoconclusivi.
Immergersi in 53 storie brevi sarà come sfogliare un albo dei ricordi, per i lettori attempati, mentre a quelli più giovani offrirà una sorta d'istantanee, utili per capire qualcosa di più dell’Italia a cavallo tra la fine degli anni '60 e i primi dei ’70, ricca di pregi, colma di pecche e di vizi che continuano a contraddistinguerci.
Va inoltre specificato che all’interno del volume, organizzato secondo l’ordine cronologico delle pubblicazioni (eccetto l’ultima), sono ospitati tre titoli più recenti: La foto, splendidamente illustrata dal segno elegante e nervoso di Nino Musio, risale al 1980; L’arciere, caratterizzata dallo stile inscalfibile dal tempo di Nadir Quinto (26 novembre 1918 – 15 marzo 1994), e Il vagabondo, letteralmente animata dal talento di Renato Polese (27 luglio 1924 – 9 maggio 2014), sono entrambe del 1990.
Sono tante altre le chicche contenute all’interno del cartonato ed è impossibile elencarle tutte. Ci piace però segnalarvene alcune tra queste: I due sciacalli (1969), per le matite di Carlo Boscarato (9 maggio 1926 – 12 giugno 1987), da cui nacque la serie Nico & Pepo, da poco riproposta da Nona Arte; Concerto per colt 45 (1970), disegnata ancora da Polese, che manifesta la peculiare familiarità di Nizzi con il genere western; Con gli omaggi della V Armata (1970), di Nevio Zeccara (1° dicembre 1924 – 8 aprile 2005), storia bellico-umoristica, ispirata a un fatto realmente accaduto; Johnny Sporcizia (1972), omaggio, attraverso l’arte di Sandro Lobalzo, al personaggio interpretato da Terence Hill, co-protagonista di Lo chiamavano Trinità (1970), diretto da E.B. Clucher; La locanda del pescatore (1971), che conclude l’antologia e ci delizia con il tratto potente e inconfondibile di Attilio Micheluzzi.