365 giorni: adesso, la recensione

365 giorni: adesso riprende da dove il primo capitolo della saga erotica polacca aveva interrotto il discorso: tra le lenzuola

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365 giorni: adesso, la recensione del film in streaming dal 27 aprile su Netflix

Come prima, più di prima: ecco in sintesi tutto quello che c’è da dire su 365 giorni: adesso, sequel di quello che a malincuore siamo costretti a definire “un caso” e del quale vi abbiamo già parlato abbondantemente qui. Pensavamo di essercene liberati ma non avevamo tenuto conto del successo del film, né del fatto che oggi non esistono storie che non siano trilogie; e quindi Laura e Massimo, la coppia più disfunzionale e diseducativa della storia del cinema erotico e oltre, torna per un secondo capitolo che riesce a essere più pieno e magniloquente del precedente pur essendo contemporaneamente più vuoto e vacuo – anche se forse meno moralmente reprensibile.

Questo perché il primo capitolo concentrava gran parte del suo raccapriccio nel primo atto, nel quale ci veniva spiegata la storia di Laura la polacca e del mafioso Massimo l’italiano che la rapisce e la tiene prigioniera in casa per un anno, liberandola solo se dopo 365 giorni lei non si sarà innamorata di lui. 365 giorni: adesso (qui il trailer) parte dal presupposto che chi guarda abbia già accettato che alla base di tutto il franchise c’è una celebrazione del rapimento e un attacco frontale al concetto di “consenso”, e non torna (quasi) più sull’argomento, preferendo portare avanti la storia dei due piccioncini.

365 giorni: adesso sposa

I quali si sposano, ovviamente, e passano i primi tre quarti d’ora di film a fare sesso in ogni posizione possibile, intesa sia in senso ergonomico sia geografico. Considerato esclusivamente sotto il suo aspetto erotico, 365 giorni: adesso fa sembrare il predecessore un film per educande: l’alchimia tra i due protagonisti, almeno sul piano prettamente fisico, trasforma il primo atto del film in una lunga sequenza sempre a pochi centimetri dal porno – è possibile che non ci sia prodotto Netflix dove il sesso è mostrato in maniera così esplicita (e contemporaneamente così pacchiana).

Ma che Laura e Massimo scopino tanto non è una novità, né la loro maratona è aiutata dalla solita regia da soap brutta e da un tappeto sonoro persistentemente irritante. Ci vuole anche una storia per fare un film, e 365 giorni: adesso si gioca alcune delle carte più classiche del genere – quale che sia questo genere –, dal gemello cattivo che emerge dalle ombre al prevedibile arrivo di un terzo incomodo, il palestrato e tatuatissimo Nacho, giardiniere con una villa alle Canarie (deduciamo noi) che seduce Laura ma potrebbe nascondere secondi fini dietro i suoi dolci occhi di ghiaccio.

NACHO

365 giorni: adesso diventa così sostanzialmente una copia-carbone del primo senza il sottotesto del rapimento: Laura fugge con Nacho per motivi che non vi riveleremo, e tutto il secondo atto è dedicato a farli accoppiare e intanto avvicinare dal punto di vista sentimentale. Tutto ovviamente in vista di un gran finale così inutilmente intricato che, dopo averlo spiegato indirettamente per tutta la sua durata, 365 giorni: adesso sente la necessità di esplicitarlo da capo prima del climax (inteso questa volta non in senso sessuale).

È difficile trovare qualcosa da salvare in un film del genere, confezionato con la stessa cura e lo stesso buon gusto già ampiamente dimostrati nel capitolo precedente – forse appena un po’ peggio. Quando non stanno copulando, Laura e Massimo sono due buchi neri di carisma scritti senza alcun rispetto per la coerenza interna, che cambiano umore e personalità di scena in scena a seconda di quello che richiede la trama. E tutto il contorno non è da meglio, anche se ammettiamo di avere un debole per il personaggio di Olga, la migliore amica di Laura che è talmente sopra le righe da risultare simpatica e che a un certo punto, tristemente, scompare dal film senza ulteriori spiegazioni.

Però scopano un sacco e al momento in cui scriviamo 365 giorni: adesso è già segnalato tra i titoli del momento di Netflix: giratela come volete ma alla fine hanno ragione loro.

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