27 volte in bianco
Un'eterna damigella ai matrimoni degli altri sogna di sposare il suo capo, mentre un cronista le va dietro. Insipida e scontata commedia romantica con la Katherine Heigl di Grey's Anatomy...
Recensione a cura di ColinMckenzie
Titolo27 volte in biancoRegiaAnne FletcherCastDi sicuro, non per la sceneggiatura, che fatica a far ridere anche per uno o due minuti complessivi, tanto da far pensare che prendendo mezza puntata a caso di Will & Grace (serie anche copiata da questo film nel finale) ci si diverta dieci volte di più che con 27 volte in bianco. Evidentemente, si sarà puntato sui nomi in gioco. Katherine Heigl è sicuramente hot (talmente hot, che l'idea che sia la sorella sfigata di Malin Akerman è la cosa che mi fa più ridere nella pellicola), dopo il successo di Grey's Anatomy e Molto incinta, mentre James Marsden è ormai un volto noto grazie a X-Men, Hairspray, Superman Returns e Come d'incanto. Fin qui, ci potevamo stare, anche se la sintonia tra i due protagonisti non è straordinaria. Ma la scelta di Anne Fletcher come regista, presumibilmente fondata solo sul successo di Step Up, fa veramente riflettere sul modo in cui a Hollywood si preparano i film.
Peraltro, la scusa che i produttori potrebbero facilmente adottare ("abbiamo fatto 75 milioni di dollari nei soli Stati Uniti"), è facilmente replicabile ("sì, ma se fosse stato un buon prodotto, ne avreste fatti almeno 120").
Ma la storia? Beh, lei ha sempre sognato un matrimonio con i fiocchi, mentre intanto un cronista parla della sua vita ed è cinico sull'idea delle nozze. Insomma, una variazione di Se scappi ti sposo, peraltro non proprio un capolavoro immenso neanche quello. Inutile lamentarsi per la prevedibilità dell'andamento della storia, ma di sicuro si poteva farla funzionare meglio. Se guardiamo ai classici del passato (soprattutto del periodo d'oro anni trenta-quaranta), a parte le differenze nelle coppie (Katharine Hepburn e Spencer Tracy o Cary Grant e Rosalind Russell) è proprio il mordente e l'impegno a mancare. Qui, di slapstick (intesa come comicità scatenata e anche fisica) ce n'è pochissimo e soprattutto mancano le battute fulminanti che scrivevano i grandi sceneggiatori del periodo. Purtroppo, quello che non è cambiato è l'idea che romanticismo faccia rima con matrimonio o che la gente capisca con chi vuole vivere per sempre dopo un paio di incontri. Ma, almeno, negli anni trenta c'era la scusa del famigerato Codice Hays che obbligava a mantenere il senso morale, mentre attualmente che ragione c'è di mantenersi così pruriginosi?
E anche il cast non funziona come dovrebbe. A parte i due protagonisti, che cercano di sopperire alle mancanze dello script, non rimangono certo impressi ruoli come quello di Edward Burns o di Judy Greer (assolutamente sprecata). E francamente, dopo averla vista qui, l'idea che Malin Akerman possa reggere un ruolo drammatico importante come quello di Watchmen, mi sembra più una preghiera che una certezza...
Insomma, la protagonista è impegnata 27 volte come damigella all'inizio della storia. Avessero riscritto la sceneggiatura lo stesso numero di volte, magari non avrebbero fatto male...