11.22.63 1x04, "The Eyes of Texas": la recensione

La nostra recensione del quarto episodio di 11.22.63, con James Franco

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Il tempo è costretto a scorrere veloce per comprimere tutto negli otto episodi di 11.22.63. All’inizio di The Eyes of Texas siamo al 25 marzo 1963, direttamente nell’abitazione di Lee Harvey Oswald, impegnato in attività che lasciano pochi dubbi sulla natura delle sue intenzioni.

Siamo a Dallas, nella seconda abitazione di Oswald, e i nostri Jake e Billy sono proprio sotto di loro, stavolta veri e propri vicini di casa che condividono persino un cortile (nel quale viene scattata una foto storica). Molto in fretta arrivano le conferme che Jake aspettava sulle responsabilità di Lee e George, per cui non c’è tempo da perdere: ma alcuni inconvenienti rischiano di mettere i bastoni tra le ruote della missione.

Nel frattempo la relazione tra Sadie e Jake è ormai ufficiale, evidentemente nei mesi precedenti Jake è stato abbastanza accorto da non destare sospetti nella fidanzata. È anzi così sicuro di amarla da fare le cose per bene, da portarla lontno da occhi indiscreti, seguendo il consiglio del preside.

L’incontro notturno non rimane però inosservato, tanto che Jake pensa di essere sotto controllo della CIA: si scoprirà presto che è invece il non-ancora-ex marito di Sadie a spiarli, già entrato in scena con sorriso mellifluo a negare il divorzio a Sadie. A interpretarlo T.R. Knight (l’O’Malley di Grey’s Anatomy), che ha la faccia perfetta per conferire al personaggio un’aria sia bonaria che viscida, che come veniamo presto a scoprire rispecchia un privato inquietante e segnato da una concezione della sessualità molto poco sana, di cui ha fatto le spese la povera Sadie.

L’intreccio tra il plot politico e quello sentimentale non è sempre scorrevole

L’intreccio tra il plot politico e quello sentimentale non è sempre scorrevole: il fatto che sia per Jake che per Billy il cuore si metta di mezzo esibisce forse in modo troppo meccanico la sua funzione. L’imprevista infatuazione di Billy per Marina, le complicazioni dell’arrivo del marito di Sadie, John Clayton, che convenientemente (per la trama) sorprende Jake proprio quando è appostato per sorvegliare George de Mohrenschildt, tradiscono un po’ di ingenuità, tuttavia servono anche a sottolineare efficacemente che per quanto assurde siano le premesse dell’attuale stato delle cose, non è possibile mettere in pausa l’esistenza. Jake, che ha già vissuto una vita, si approccia a questa ora come una missione, ora come una seconda possibilità; per Billy invece questa è l’unica vita che conosce, non c’è nessun filtro rassicurante, come la consapevolezza che tutto ciò è già avvenuto, e il suo anelare a qualcosa di più, a un affetto che non ha mai avuto, lo rende più umano e più sfaccettato.

Alla buona fede di Jake fa da contraltare un’impulsività a tratti davvero difficile da comprendere, come in questo caso, quando non può fare a meno di svelare a John che conosce il suo segreto molto personale. Questa scelta avrà conseguenze positive nel divorzio finalmente concesso a Sadie, ma anche evidentemente negative nel dubbio instillato da John in Sadie: come a confermare l’avvertimento che Jake è diverso da quello che sembra, le forze manipolatrici del passato, in forma dell’uomo con biglietto giallo (che nel libro è introdotto fin dalle prime pagine), conducono Sadie a scoprire il registratore di Jake, e a fargli dunque finalmente la fontamentale domanda: “who are you?” Se è vero che Jake ha riflettuto sull’amore che prova per lei, e sull’onestà che dovrebbe fondare ogni rapporto con le persone a cui si tiene (come gli ricorda Miss Mimi), ora non potrà fare altro che rispondere.

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