1994, la recensione degli episodi 5 e 6

Al quinto episodio 1994 trova la formula magica e porta alle estreme conseguenze la politica del "fuori formato" della nuova stagione

Critico e giornalista cinematografico


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Quando inizia il quinto episodio di 1994 è evidente che la scelta di andare fuori formato in ogni singola puntata, cioè di non seguire quella scansione delle sceneggiature di puntata e quei toni impostati in due anni ma di variare di continuo, sarà portata alle estreme conseguenze. Variare nella scrittura e nella messa in scena per raccontare l’incontro tra Berlusconi e Bossi nell’estate del 1994, rimasto famoso per la canottiera ostentata da leader leghista come simbolo di diversità. La scelta va cade sul noir umido, su una morte in stile Viale Del Tramonto (con la voce fuoricampo e il cadavere che galleggia all’inizio) e sulle atmosfere da Ombre Malesi, tutte calore, camicie aperte, notti afose con luci che passano dalle veneziane. Dettaglio fuori formato finale poi sarà il fatto che la puntata racconti quasi 24 ore esatte.

Partiamo al mattino con l’ispezione del giardino da parte del team di Forza Italia nervoso per l’arrivo imminente della Lega con la quale trovare un accordo per salvare il governo. In realtà in ballo c’è di più perché Pietro Bosco ha un motivo per avercela con Berlusconi e perché Leonardo Notte ha molte ragioni per non far crollare il governo. In seguito, con un gesto di sceneggiatura impeccabile, una telefonata farà piombare lì anche l’ultimo dei personaggi utili a tendere l’intreccio.
Tutti riuniti daranno vita ad un capitolo clamoroso di storiografia inventata, cioè la creazione da zero di un dietro le quinte fittizio. Non esistono cronache ufficiali di cosa sia accaduto in quella giornata e come Berlusconi abbia prolungato l’accordo di governo, allora 1994 inventa una trama molto fantasiosa e romanzesca eppure stranamente plausibile.

Unendo Umberto Smaila a Weekend Con Il Morto, il bacio di Da Qui All’Eternità con le canzoni del passato di Bossi e soprattutto rifiutando categoricamente il grottesco sorrentiniano per fare un passo in più verso la plausibilità (non che la voglia raggiungere ma di certo ne è un’approssimazione fantasiosa accettabile), questo quinto episodio è un’operetta a sé, capace di creare un arco (quello del personaggio morto) e di sfruttarlo per l’evoluzione degli altri personaggi. Non ci sono dubbi che sia l’episodio migliore che tutta la serie abbia realizzato e un piccolo apice della serialità italiana.
A beneficiarne è soprattutto Leonardo Notte, uomo dietro le quinte di tutto, vera intelligenza borderline con il crimine, sempre un passo avanti agli altri, sempre preoccupato di prevenire qualcosa che deve ancora capitare. È indubbiamente scritto sempre meglio che in precedenza, come del resto è sempre più sostanzioso, umano e quasi autonomo dall’originale questo Silvio Berlusconi.

Al termine di questa giornata campale tutto sarà cambiato per tutti. Sarà cambiato l’equilibrio di governo, sarà cambiato per sempre il triangolo Notte/Castello/Bosco e sarà cambiato anche l’assetto interno di Forza Italia, scosso dal decesso. Lanciando di fatto la grande corsa verso il finale della stagione e della serie.
Quello che dimostra questo episodio è che ad essere migliorata nella terza stagione non è solo la concezione degli episodi ma proprio la maniera in cui è dosata la tensione narrativa. È gestita meglio nelle sue accelerazioni e nella sua stasi (bellissimo il momento di paradossale calma cinica, con il morto adagiato a bordo piscina), nei suoi apici e nelle sue vallate (che idea è quella del disco di Bossi?).

Tutto a vantaggio dell’episodio successivo, lanciato come un telegiornale dal gioco a premi che lo precede, tutto centrato sulla guerra tra procura e governo con in mezzo il travet della situazione, Leonardo Notte, l’uomo che voleva scampare il carcere.
Il pretesto è il G7 di Napoli in cui, come noto, Berlusconi ricevette l’avviso di garanzia di fronte ai grandi leader mondiali proprio quando si discuteva la lotta al crimine organizzato. E qui la serie fa sfoggio di una caratteristica che era possibile ammirare fin dall’anno scorso, cioè da quando davvero è entrato in scena Berlusconi: la sua capacità di essere davvero dalla parte di tutti.

Molti film o serie dicono o fingono di essere dalla parte di tutti e non giudicare, molti ci provano, praticamente nessuno ci riesce davvero. Un parere, uno spunto o una caratterizzazione particolarmente meschina emergono sempre tra le righe e alla fine della fiera è facile capire chi è trattato peggio degli altri. Non qui. Il miracolo di mettere tutti dalla parte di Antonio Di Pietro e poi quasi subito dopo tutti dalla parte di Berlusconi riesce. Il perseguitato ingiustamente e il grande eroe della vera giustizia. Nonostante ci siano delle sentenze che potrebbero orientare la scrittura, nessun indagato, nessun colpevole ammette mai la propria colpevolezza nei dialoghi, né vediamo mai l’azione criminale. La serie non ci fa vedere i crimini, ci fa vedere solo la battaglia tra chi è accusato e chi cerca di dimostrarsi innocente. A 1994 non interessa proprio distribuire le colpe o etichettare vincitori e vinti. Non vuole scrivere la storia ci si vuole divertire e sa bene che per divertirsi davvero servono regole.

Certo non tutto sarà impeccabile, lo snodo centrale che porta la notizia dell’avviso di garanzia sui giornali inasprendo di colpo il conflitto arriverà con un espediente eccessivamente sbrigativo, messo in scena con un ralenti e una sciatteria che non appartengono al resto della puntata e della stagione. È anche evidente però che se la puntata non riesce a concentrarsi bene sulla generazione di un intreccio inattaccabile, è pur vero che la parabola della discesa agli inferi di Leonardo Notte per recuperare l’oggetto magico da cui potrebbe dipendere la sua salvezza è un momento quasi mitologico che vale la puntata.

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