The Leftovers 2x08 "International Assassin": la recensione

Ormai in vista del finale di stagione, The Leftovers presenta il suo episodio più indecifrabile e incredibile

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Spoiler Alert
C'è qualcosa di enorme, inafferrabile, anche pretenzioso, ma incredibilmente coerente e profondo in questa seconda stagione di The Leftovers. International Assassin prende questa mitologia senza regole, questo flusso di coscienza narrativo, questa destrutturazione delle normali storie e la porta ad un livello superiore, ancora più etereo, ancora più simbolico e misterioso. Troppo elevato e insostenibile per un tempo superiore al singolo episodio, ma per un'ora siamo con Kevin, dentro la mente di Kevin – che probabilmente non è nemmeno soltanto la sua – a vivere e morire al tempo stesso. Senza punti di riferimento, in un mondo che ha regole che nessuno ci spiegherà mai, così come nessuno ci aiuterà mai a capire a che gioco stiamo giocando. Tutto ciò è spiazzante, eccessivo rispetto a quella grandiosità del quotidiano che veniva affrontata negli episodi precedenti, ma è anche affascinante e sorprendente.

C'è molto da notare, da capire e da apprezzare, ma questo episodio lavora anche e soprattutto a livello inconscio, ed è più apprezzabile se ci si lascia andare ad una visione più libera, senza ricondurre ogni elemento alla sua causa o a ciò che vorrebbe secondo noi rappresentare. Ma qualcosa si dovrà pur dire, e quindi proviamo a capirci qualcosa. Si inizia con la più palese delle metafore visive. Nel momento della morte, Kevin rinasce: nudo, circondato dall'acqua, ovviamente è in una vasca da bagno, ma è chiaro che la scena vuole rappresentare qualcos'altro. Siamo in un albergo, Kevin è circondato da persone più o meno consapevoli, tra le quali si trova lo stesso Virgil, ma ci sarà anche tempo per un riferimento a Mary Jamison e naturalmente a Patti.

Accostare The Leftovers a Lost, l'altra serie su cui ha lavorato Lindelof, non è sbagliato di per sé, anche se bisogna capire che i misteri hanno una funzione diversa. Stavolta però il paragone sembra necessario. La scelta dell'albergo come location dove ricostruire questo purgatorio (?) delle anime non è casuale: come l'isola, è un non-luogo, non appartiene a nessuno, è una dimora di passaggio, ma non è una casa dove mettere radici. E poi, come in Lost, c'è qualcos'altro, un'idea che cresce e si sviluppa lungo la puntata, come al solito senza risposte definitive, ma con vari suggerimenti. La possibilità, che per la prima volta apre anche interessanti ipotesi sui departed, che questo sia un luogo condiviso, un rifugio mentale dove rintanarsi per fronteggiare il dolore della scomparsa.

Per Kevin è il purgatorio, e qui vi ritrova il suo Virgil – il riferimento dantesco ora ha ancora più senso – che lo guida più o meno in questo viaggio, invitandolo a non bere l'acqua, altro riferimento all'oblio e al fiume Lete (che viene citato tanto nell'Eneide quanto nella Divina Commedia). C'è il più classico degli adempimenti da compiere, quel blocco che va affrontato e superato per poter andare avanti. Kevin deve scegliere una strada, che per lui è quella dell'assassino internazionale, ma che in generale è solo la rappresentazione di una delle molte scelte di fronte al dolore, e di far fuori l'oggetto del suo blocco, ossia Patti. Si tratta di ritornare a Cairo, l'episodio della prima stagione in cui la donna, di fronte alle resistenze di Kevin, si tagliava la gola. In un ribaltone finale, ci chiediamo chi debba veramente essere liberato, chi sia imprigionato dai propri demoni interiori in questo limbo, incapacitato ad andare avanti.

  • Tutto questo sottolineato in modo impietoso e martellante dal Va' Pensiero del Nabucco.

  • L'idea del purgatorio condiviso viene ulteriormente confermata da un confronto con un momento di Off Ramp in cui una voce al telegiornale raccontava di quest'uomo "miracolosamente" tornato in vita che affermava di essersi semplicemente trovato in un hotel.

  • Il nome in codice Kevin Harvey, al posto di Garvey, potrebbe contenere un riferimento proprio al film "Harvey", dove James Stewart aveva un amico immaginario.

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