Torino 33 - The wave, la recensione

Un catastrofico norvegese ad alto budget ma poche idee, The Wave sembra il copione predefinito del cinema di disastri

Critico e giornalista cinematografico


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C'è un momento di curioso metacinema (probabilmente involontario) in The wave, uno che riassume da solo molto bene la natura, le velleità e la storia produttiva che si celano dietro questo catastrofico norvegese. La storia è quella di una montagna che dà su un fiordo da cui una parte rischia di staccarsi e cascare in acqua causando uno tsunami, è un rischio concreto e il film ipotizza cosa accadrebbe in caso si verificasse. Il protagonista (che ne sa più di tutti), quando è vicino a capire che il disastro è solo a pochi attimi dal presentarsi consulta una serie di manuali e poi spiega agli altri che, visti i numeri e le ultime rilevazioni, sono nella stessa situazione del Vajont. E in effetti sono nella stessa situazione di Vajont.

Vajont è un film di Renzo Martinelli che diversi anni fa cercava di fare la stessa operazione di The wave, cinema di genere con un'importante risvolto sociale sotto, appassionare con un alibi, fare un catastrofico ma con qualcosa dietro. Di certo il film norvegese è molto meno piegato nell'ambito serio e davvero usa la storia della reale probabile frana come pretesto, sicuramente rientra nel medesimo filone di Vajont, imitare in tutto e per tutto il cinema americano non trovando un modo di adattarne gli schemi ad un'industria e una cultura diverse.

Il risultato è un Tv Movie sofisticato ed elaborato, di certo girato molto meglio di qualsiasi Tv Movie ma non anche scritto meglio.

Ai protagonisti di The wave manca qualsiasi personalità, partono come i classici personaggi del cinema catastrofico ma non subiscono nessuna evoluzione nè il film è in grado di lavorare su di loro per dargli delle nuances originali. Non si scandalizza nessuno che ci sia un padre eroe, dei figli in pericolo e degli scienziati che non comprendono la gravità del problema fino all'ultimo, ci si scandalizza semmai del fatto che questi ruoli non si sviluppino in persone ma rimangano archetipi narrativi. In parole povere The wave è incapace di operare una riflessione, anche minuscola, sul suo genere, non fa altro che applicare una struttura senza provare a innestare quelle piccole variazioni che dovrebbero dare personalità al film, anzi che di fatto fanno un film di genere costituendone la sua affermazione più importante.

Paradossalmente lo stesso avviene per le molte scene di suspense, adeguate ma prive di inventiva e di certo non così tecniche o audaci da reggere il film. The wave sembra in un buona sostanza un modello predefinito di film catastrofico, uno di quelli da cui partire e da personalizzare per fare il proprio di film, solo che invece è un punto di arrivo.

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